Una baleniera in navigazione nell’artico – seconda metà secolo XIX
Chi non conosce Arthur Conan Doyle? Non occorre essere un giallista appassionato per conoscere Conan Doyle e il suo, ancor più famoso, Sherlock Holmes. Ma a volte capita che, nella biografia ufficiale di un personaggio che tanto ha “vissuto”, qualche esperienza rimanga in penombra e poi, all’improvviso, venga riscoperta e ci si renda conto di quanto sia stata importante, se non addirittura fondamentale, nella sua vita.
Sir Arthur Ignatius Conan Doyle
E’ il caso di Conan Doyle di cui conosciamo la grande e varia produzione letteraria e il grande successo delle sue opere tanto da essere considerato, insieme a Edgar Allan Poe, il fondatore del romanzo giallo e fantastico. Ma qualcosa ancora era da scoprire, fino a pochi anni fa… Lo scrittore nacque in una buona famiglia, ma conobbe presto la povertà perché il padre, sempre malato e alcolizzato, aveva perso il lavoro. Nonostante ciò ricevette una buona educazione, frequentò ottime scuole e poté iscriversi alla facoltà di medicina. Fin da piccolo aveva nutrito una grande passione per i libri; da studente arrivava addirittura a saltare i pasti risparmiando così qualche penny per poter acquistare libri usati.
A 20 anni, nel 1879, scrisse il suo primo racconto del terrore che fu pubblicato e, con sua grande soddisfazione, gli fruttò una piccola somma. Guadagnare qualcosa era per lui una necessità fondamentale per cercare di pesare il meno possibile sulla sua famiglia che, come si è visto, versava in precarie condizioni economiche. Soprattutto lo spronava il senso di colpa nei confronti della madre che egli definiva donna eccezionale perché sapeva affrontare tanti sacrifici senza farli pesare. Anche per questo motivo, guadagnare qualcosa, e per dar sfogo a quello spirito d’avventura che sentiva crescere dentro di sé, l’anno successivo interruppe momentaneamente gli studi ed accettò un incarico come medico di bordo su una baleniera che operava nel Mar Artico. Il giovane Arthur frequentava allora il terzo anno di medicina e quindi non era ancora laureato, ma a quell’epoca anche uno studente poteva esercitare la professione.
Un medico in navigazione
Conan Doyle si imbarcò dunque il 28 febbraio 1880 a Peterhead, in Scozia, sulla baleniera Hope, un piroscafo a tre alberi ben costruito e ben attrezzato, considerato uno dei migliori in circolazione. Con lui si imbarcarono altri 55 uomini, compreso il capitano John Gray di cinquant’anni, uomo di grande esperienza e capacità che subito incontrò la simpatia del giovane studente che lo definì “uomo splendido e magnifico marinaio”, aggiungendo che non avrebbe mai sopportato un cattivo capitano dal momento che, come medico di bordo avrebbe avuto con lui uno stretto rapporto.
Doyle seppe instaurare buoni rapporti anche con tutto l’equipaggio che era composto da abitanti di Peterhead e isolani delle Shetland, uomini rudi, ma onesti, brava gente che, nonostante la sua giovane età e la scarsa esperienza, lo considerava un buon medico. Del resto i suoi interventi consistettero più che altro nel curare ferite ed escoriazioni che i marinai si procuravano durante il lavoro sulla nave o durante la caccia. Solo una volta un uomo si ammalò gravemente e poi morì, forse di peritonite. Ma, con i mezzi di cui disponeva, il medico non aveva potuto far nulla. Il viaggio durò quasi sei mesi: la baleniera attraccò nel porto di Peterhead l’ 11 agosto. Il giovane era molto soddisfatto: aveva con sé una bella somma che comprendeva anche una percentuale sugli introiti della vendita dell’olio di balena. Per tutta la durata del viaggio, sia perché era tenuto a farlo come medico di bordo, sia per il piacere di scrivere della sua avventura, egli tenne un diario dettagliato che però non fu mai reso pubblico. Fino a pochi anni fa, tutto ciò che si sapeva di questa esperienza era quello che lo stesso Conan aveva scritto nella sua autobiografia, poche righe nelle quali peraltro la definiva fondamentale nella sua vita.
Il Diario Pubblicato
Solo nel 2012, dopo 132 anni, il diario fu pubblicato in Inghilterra, per la prima volta. Nel 2016 fu tradotto e pubblicato in Italia da Utet.

L’edizione Utet – 2016
L’edizione italiana è notevole perché contiene un inserto con 64 tavole fotografiche che riproducono le pagine dei due taccuini che compongono il diario, con le parti scritte e 70 disegni e schizzi a china, alcuni colorati, tutto di mano dell’autore. Colpisce, a prima vista, la bella grafia regolare e ordinata, se si pensa alle condizioni in cui il diario fu scritto: spesso al lume di candela e su una tavola instabile soggetta alle oscillazioni della nave. Di buona mano anche i disegni, schizzi che rappresentano la nave, paesaggi, animali e suggestive scene di vita in cui sono tratteggiate con precisione le figure dei marinai impegnati nelle varie operazioni a bordo o sulla banchisa, durante la navigazione e la caccia. La descrizione che il giovane Conan Doyle, già abile scrittore, fa di questa avventura è molto coinvolgente. Fu un’esperienza sicuramente dura, dovette superare molte prove, lottando contro il gelo dell’Artico, i sacrifici di una difficile vita a bordo e sulla banchisa, rischiando persino la morte quando, in più di un’occasione, a causa delle sua iniziale inesperienza gli capitò di cadere in mare. Prove che il giovane seppe affrontare con il giusto spirito.
A detta dello stesso, questa fu un’esperienza fondamentale della sua vita. Era salito sulla nave giovane un po’ sbandato e ne era disceso uomo forte e consapevole. Lo straordinario senso di isolamento che condivideva con gli altri uomini dell’equipaggio, la gelida “splendida” aria artica, l’ eccitazione provata durante la caccia alle balene a cui volle partecipare personalmente, ma anche il senso di rimorso e il sentimento di empatia provato nei confronti di quelle “povere creature”, tutte queste cose, e altre ancora, gli consentirono di considerare estremamente stimolante questo periodo della sua vita, un punto fermo, un capitolo “strano e affascinante” che egli non poté mai dimenticare. Il valore del diario, rimasto nell’oscurità per più di 130 anni, sta proprio nel racconto dell’ esperienza esistenziale del giovane Conan che durante quel viaggio compì 21 anni, diventando quindi maggiorenne.
Per noi è una porta aperta su una maggior conoscenza dell’uomo scrittore. Ma non è solo questo. E’ anche un importante documento storico, una porta aperta su un mondo di avventure, capitani intrepidi, vita e morte in mare, l’esplorazione dell’artico e la poesia dell’ignoto, di un mondo ancora da scoprire che oggi, al tempo delle reti satellitari e di Google Map forse non esiste più.
Un testo prezioso… stavolta non ho aspettato, e anziché limitarmi ad inserirlo in una lista di lettura, l’ho ordinato per il prestito subito. Anche perché adoro tutto ciò che è il racconto di una vita, la propria o altrui: biografie, diari, conversazioni, interviste… e mi pare che l’ambientazione e la materia avventurosa andranno benissimo con l’arrivo di settembre – già ora il clima è instabile 😉
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Ringrazio per la scelta e la segnalazione, nel 2020 il blog proseguirà la sua attività perchè la passione per i libri non può abbandonarmi!
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