Questa ricerca inizia da un libro che, in un giorno di pioggia, un bambino curioso e annoiato, perché non poteva andare a giocare in giardino, ha trovato nella vecchia biblioteca di famiglia. Era un libro di grande formato, dalla rilegatura rovinata, le pagine di carta ingiallita dal tempo. Il bambino prese con un po’ di fatica il grosso e pesante volume, se lo portò sul divano e, mentre la pioggia batteva forte sul tetto della mansarda, cominciò a sfogliarlo. Era la “Divina Commedia”, edizione ottocentesca illustrata da Gustave Doré: decine di illustrazioni strane, come il bambino non aveva mai visto. Davanti ai suoi occhi, sgranati per lo stupore, si aprirono le porte di un mondo nuovo, fantastico.
Il bambino non sapeva ancora che quel libro avrebbe fortemente influenzato la sua vita futura; quel libro era destinato a diventare il primo della sua biblioteca, responsabile di una grande passione, responsabile della ricerca quasi maniacale di ogni libro che abbia qualcosa da raccontare, qualche porta da aprire.

La “Divina” in compagnia..
Quel libro, adeguatamente rilegato, se ne sta ora in una libreria moderna contornato da altri libri importanti, ma non ha perso il suo fascino un po’ misterioso. Sappiamo tante cose, tanto abbiamo letto e studiato di Dante e della “Divina Commedia”, ma sappiamo proprio tutto?
Un Manoscritto smarrito
Ci siamo mai chiesti, per esempio, che fine abbiano fatto i manoscritti originali del Poema?
Cominciamo dall’inizio e da ciò che è noto. Dante cominciò a scrivere la “Comedia” a partire probabilmente dal 1306-1307 per terminarla nel 1321, anno della sua morte. Il termine “Divina” è successivo, dovuto al Boccaccio che nel suo “Trattatello in laude di Dante” del 1360 attribuisce questa qualità all’opera, ma solo qualche secolo più tardi il termine verrà aggiunto al titolo.

Manoscritto datato XV secolo del “Trattatello in laude di Dante” del Petrarca
Del manoscritto originale si sono perse le tracce. Gli studiosi ritengono che Dante abbia scritto almeno due copie della sua opera, una per sé e una per CanGrande della Scala, signore di Verona, a cui il Poema era dedicato. Per questo motivo, trattandosi di opera voluminosa composta da migliaia di pagine, si ritiene improbabile che sia andata tutta perduta, è plausibile invece pensare che almeno qualche foglio possa essersi salvato e sia tuttora nascosto da qualche parte, magari confuso tra altre carte, in una biblioteca antica o in una abbazia. Dante del resto, ha avuto una vita travagliata: a causa dell’esilio dovette viaggiare molto e soggiornò in diverse località, e allora non era facile portarsi dietro un bagaglio troppo ingombrante.
Qualcuno ha paragonato la caccia al manoscritto originale della Commedia alla ricerca del Sacro Graal. In effetti c’è qualcosa che accomuna le due cose. Si tratta pur sempre della ricerca di qualcosa di “divino” di soprannaturale: un calice, manufatto creato da un uomo, ma “toccato da Dio” e un poema creato da un uomo che, per il suo alto valore letterario e storico e per il suo stesso contenuto che tocca le sfere del soprannaturale, diventa immortale, “divino”.
Diversi fatti ci fanno capire come la Comedia avesse riscosso da subito un grande successo e il suo contenuto si sia presto diffuso, prima ancora che l’opera fosse terminata.

Ravenna – Dante legge il suo poema alla corte di Guido Novello da Polenta
Uno di questi fatti è particolarmente curioso. Nell’Archivio di Stato di Bologna sono conservati alcuni documenti notarili (uno di questi risale al 1317) nei quali compaiono alcuni versi dell’Inferno o del Purgatorio che erano stati riportati negli spazi bianchi, prassi in uso per impedire aggiunte o modifiche al testo.
Di certo sappiamo che l’intera opera ebbe diverse trascrizioni per mano di copisti, di alcuni dei quali conosciamo anche il nome.
Alcuni manoscritti famosi della “Divina”
Una copia, del 1336, si trova nella Biblioteca Landi di Piacenza ed è per questo chiamata “Manoscritto Landiano”.
Un’altra copia, il “ Manoscritto Trivulziano”, si trova nella Biblioteca Trivulziana di Milano.
Sappiamo poi che, intorno agli anni 1350-60, a Firenze in un’officina di copisti ne furono trascritte un centinaio di copie, dette “Danti del Cento”.
Alcuni studiosi ritengono che nel solo XIV secolo ne siano state effettuate più di seicento copie. Inoltre, sempre nel corso del XIV secolo, a Firenze e in altre città del centro nord furono effettuate letture pubbliche della Comedia, una di queste per opera del Boccaccio.
La prima Comedia stampata
Dopo un secolo e mezzo, nell’aprile del 1472 il poema venne stampato per la prima volta a Foligno, con la nuova tecnica dei caratteri mobili, ad opera di un prototipografo proveniente da Magonza ( la patria di Gutenberg). Fu il primo libro stampato in italiano volgare: 800 esemplari, ancora con il titolo “Comedia”, copiati da una delle tante trascrizioni del manoscritto originale. Bisognerà arrivare al 1555 per trovare la prima edizione che riporta il titolo “Divina Comedia”.
Tornando al manoscritto originale, c’è un aneddoto che vale la pena di riportare. Racconta il Boccaccio nel citato Trattatello che, dopo la morte del Poeta, i due figli Pietro e Jacopo si accorsero che mancavano 13 canti del Paradiso. Il padre evidentemente li aveva nascosti da qualche parte, ma dove? I figli li cercarono invano. Dopo un anno Dante apparve in sogno a Jacopo e gli rivelò dove cercare quei canti: in una crepa in un muro della casa di Ravenna dove il Poeta era vissuto negli ultimi anni ed era morto. Se la storia del sogno appare piuttosto fantasiosa, gli studiosi ritengono invece credibile il fatto che alcune cantiche del Paradiso siano state trovate dai figli dopo la morte del Poeta, nascoste nella casa di Ravenna.

Il primo Canto dell’Inferno – Giolito, Venezia 1536
A questo punto si apre la caccia al “tesoro”: senza aspettare improbabili sogni profetici, la ricerca può partire da quei luoghi dove gli studiosi considerano possibile che esistano ancora delle tracce del passaggio e del soggiorno del Poeta. Per chi fosse interessato ecco una lista parziale di alcuni di quei posti:
- Ravenna città in cui Dante visse gli ultimi anni della sua vita e morì.
- Verona, in qualche archivio pubblico o privato. In questa città il Poeta visse parte del suo esilio sotto la protezione di Cangrande della Scala al quale, come si è detto, dedicò la sua opera. Se ne deduce che sicuramente il signore venne in possesso di una copia originale del manoscritto.
- Abbazia di Pomposa, presso Ravenna, dove Dante ebbe occasione di fermarsi in varie occasioni e nel cui scriptorium i monaci lavorarono a diverse trascrizioni della Comedia.
- Biblioteca Vaticana perché qualcuno afferma che Antonia, la figlia del Poeta, monaca domenicana, regalò un manoscritto originale al Papa (Giovanni XXII o a un suo successore). Ma poiché in quel periodo i Papi si erano trasferiti ad Avignone, in Francia, anche in questa città potrebbe nascondersi il manoscritto o una parte di esso.
Buona fortuna!
Affascinante! Complimenti
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