Storie di scrittori e di stampatori

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Questa volta il nostro viaggio nel mondo letterario non parte da un libro in particolare, ma dal libro in generale. O meglio, da quelle persone che, con l’ ingegno, la fantasia, la tecnica e l’abilità creano un libro.

E allora immergiamoci, come sempre, nella storia.

Il nostro viaggio inizia a Magonza intorno alla metà del XV secolo. Johannes Gutenberg, giovane di famiglia patrizia, che ha lavorato come apprendista nella bottega di un orafo e ha appreso la tecnica per coniare le monete, ha un’idea che gli frulla in testa: usare la tecnica del conio per creare dei caratteri mobili con i quali si possano stampare le parole. Ed è proprio questo che vuol fare: stampare libri. Apre dunque la sua stamperia, “ruba” ai produttori di vino del Reno l’idea del torchio per costruirsi una pressa e il gioco è fatto. Nel 1455 nasce il primo libro dell’era moderna.

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Gutenberg nel suo “Laboratorio” di Magonza

E’ una rivoluzione, di quelle che cambiano la vita dell’umanità. Pensiamo agli antichi manoscritti: ora, con la stampa, si possono realizzare tanti libri in molto meno tempo e con minor spesa, inoltre i libri sono più facili da spostare e da conservare nel tempo. E con il libro si diffonde la cultura che una volta era appannaggio solo di poche classi privilegiate.

Scrittore e Stampatore

Questo fatto è sotto gli occhi di tutti. Ma noi ora, invece, vogliamo mettere l’accento su un particolare aspetto dei problemi che la nuova tecnica della stampa ha posto. Parliamo del rapporto tra lo scrittore e lo stampatore, un rapporto strettissimo perché entrambi concorrono a formare il libro così come giungerà nelle mani dei lettori.

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Lo “Statuto di Anna”

E’ d’obbligo, a questo punto, fare una precisazione: non ci occupiamo, in questa sede, della realtà attuale, parliamo, invece, di quello che accadeva nei primi secoli dopo l’invenzione della stampa, quando non esisteva ancora una legislazione che proteggesse l’autore (per cominciare a parlare di diritto d’autore bisogna arrivare al 1710 con lo “Statuto di Anna” voluto dalla Regina d’Inghilterra Anna Stuart ) e quando si poteva stampare un libro anche senza l’autorizzazione dello scrittore.

L’ autore dunque crea il testo, frutto della sua fantasia, intelligenza, cultura, lo stampatore, partendo da quel testo, con la sua abilità tecnica, crea il libro, gli dà materialmente la vita. Questo intreccio di ruoli può creare non pochi problemi: da una parte la libera creatività che scaturisce dalla mente dello scrittore, dall’altra le scelte  estetiche, ma soprattutto tecniche ed anche economiche di chi deve “mettere nero su bianco”.

E allora può succedere che un testo, pensato in un modo, subisca dei cambiamenti, delle variazioni a volte anche notevoli.

Le variazioni possono essere accidentali perché il tipografo può involontariamente commettere degli errori. A volte il manoscritto originale (parliamo come si è detto dei tempi in cui lo scrittore usava penna e calamaio) non è chiaro: la grafia può non essere comprensibile, possono esserci  delle correzioni, aggiunte, cancellazioni fatte dallo stesso autore  e allora lo stampatore deve interpretare. Inoltre spesso lo stampatore non ha a disposizione il manoscritto originale, ma una copia o addirittura una copia di una copia. E l’autore non è a portata di mano, ma lontano o già morto, come, per esempio, abbiamo avuto modo di vedere, recentemente, parlando di Dante e della sua “Comedia”.

Ci sono poi le variazioni volontarie. Lo stampatore deve organizzare il testo, creare l’impaginazione, comporre i caratteri. Può succedere che, per motivi tecnici, pratici, ma anche economici un testo venga di proposito modificato, magari addirittura ridotto per farlo rientrare nell’impaginazione studiata. Molto dipende dalla serietà e dall’onestà del tipografo e dal suo più o meno spinto desiderio di guadagno.

Un ruolo importante ha anche la punteggiatura perché può condizionare l’interpretazione di un testo. La punteggiatura di tipo moderno si sviluppa proprio nel XV secolo, in concomitanza con la diffusione della stampa a caratteri mobili. Ha lo scopo di facilitare la lettura e spesso sono gli stessi tipografi che intervengono: un esempio è la creazione delle virgolette attribuita al famoso stampatore veneziano Aldo Manuzio, inventore anche del carattere corsivo. Così capita, stampando testi tratti da antichi manoscritti che, aggiungendo la punteggiatura, si possano ingenerare degli errori di interpretazione.

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Aldo Manuzio – La Hypnerotomachia di Poliphilo, un testo, un’impaginazione ed un uso della punteggiatura avveniristico per la stampa dei primi anni del secolo XVI

Gli scrittori più attenti, quando possono, seguono dunque con cura il processo della stampa delle loro opere. Un esempio famoso è quello del celebre filosofo Erasmo da Rotterdam, il quale, nel 1508, fa pubblicare i suoi “ Adagia” (raccolta di modi di dire e citazioni

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Erasmo da Rotterdam

latine e greche) ad Aldo Manuzio. Per l’occasione si reca a Venezia e vive per più di un anno nella casa dello stampatore, di cui diviene grande amico, condividendo la sua stessa vita famigliare. In questo modo Erasmo può seguire tutte le fasi della nascita del libro, anche se, va detto, in questo caso il suo controllo non è proprio necessario. Aldo Manuzio, infatti, è uomo di notevole cultura e svolge il suo lavoro con grande passione, con lo scopo di diffondere soprattutto la cultura classica, latina e greca. E’ considerato il più grande stampatore del suo tempo: le sue edizioni (chiamate “aldine”) sono particolarmente curate ed eleganti. Come abbiamo detto, a lui si deve la creazione del carattere corsivo, ma anche dei volumi in ottavo, cioè più piccoli di quelli sinora in circolazione (in quarto o in folio) e quindi più pratici e maneggevoli.

Inizialmente, come abbiamo detto, è consentito stampare testi anche senza l’approvazione dello scrittore e addirittura senza indicarne, nel frontespizio, il nome. Ciò avviene soprattutto con i testi teatrali che spesso vengono pubblicati dopo essere stati rappresentati, mettendo insieme le bozze dei copioni e ciò perché gli autori non sempre sono interessati alla pubblicazione ed inoltre considerano l’opera come un testo non statico, compiuto, ma in divenire, che può quindi subire delle variazioni. E’ questo il caso anche del grande Shakespeare di cui abbiamo già avuto modo di parlare.

Ugo Foscolo

Proseguiamo nel tempo e, con un bel salto, arriviamo al più vicino ‘800 e ci imbattiamo in Ugo Foscolo, il quale, nell’ottobre del 1802, deluso da precedenti pubblicazioni (una addirittura non autorizzata) che avevano modificato in modo sostanziale la sua opera, decide di curare personalmente la stampa della versione definitiva del suo romanzo “Le ultime lettere di Jacopo Ortis”. L’opera viene stampata a Milano dall’editore “Genio Tipografico”, a spese dello stesso autore.

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1802 – Edizione curata personalmente da Ugo Foscolo

Così il poeta scrive all’amico Giambattista Bodoni (quello dei famosi caratteri tipografici) a cui  invia in omaggio una copia del libro: “Caro amico, ho dovuto fare da compositore, da torcoliere, da proto, da legatore, ma era l’unica via per onorare la mia opera come si conviene”. Tutte le precedenti edizioni sono dichiarate illegittime.

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Edizione parigina dei Promessi Sposi non autorizzata dal Manzoni – Stampatore Baudry

Ma il Foscolo non è l’unico ad aver problemi con gli editori. Sono in molti, tra tutti ricordiamo il Manzoni, il quale, a causa del grande successo delle sue opere , soprattutto dei “Promessi Sposi”, dovette a lungo lottare contro le pubblicazioni pirata, non autorizzate, poco attendibili e di scarsa qualità (vedi post su Manzoni).

Concludiamo con la segnalazione di un libro, pubblicato qualche anno fa, che analizza proprio lo stretto rapporto che si crea tra autore e stampatore: “La mano dell’autore, la mente dello stampatore” di Roger Chartier. E’ interessante il titolo che, usando la figura retorica del chiasmo, rovescia i termini a significare proprio l’intreccio tra la creazione della mente e l’opera della mano, intreccio che genera quell’ ineffabile oggetto che si chiama libro, amato o odiato, superfluo eppure indispensabile al nostro spirito come il pane lo è per il nostro corpo.

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