Leonardo bibliofilo e la sua biblioteca perduta

Château du Clos Lucé : les ateliers vivants de Léonard de Vinci. L'atelier de dessin.

Atelier di Leonardo a Clos-Lucè

In questi giorni si festeggia un anniversario particolare, mezzo millennio orsono un grande uomo lasciava questa terra. Un anniversario che ricordo come d’improvviso stringendo in mano un libro che, solo apparentemente, nulla avrebbe a che vedere con il personaggio in questione.

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Etimologia – Isidoro di Siviglia – Edizione veneziana del 1493

Il libro che ho preso dallo scaffale è l’Etimologia di Isidoro di Siviglia” in edizione incunabola del 1493. Un testo affascinante che può essere considerata una delle prime enciclopedie e, con riferimento all’epoca in cui fu scritta, VI-VII secolo d.C. , sicuramente una delle più importanti per la quantità di informazioni in ogni campo dello scibile. Un libro che non affascina solo il bibliofilo moderno ma che affascinò anche un lettore particolare circa 5 secoli fa.

Leonardo

2- altro ritratto.jpgIl 2 maggio 1519 si spegneva ad Amboise, cittadina francese sulla Loira, quello che universalmente è riconosciuto come il più grande genio di tutti i tempi: Leonardo da Vinci.

Da allora sono passati esattamente 500 anni, ma l’uomo e le sue opere continuano a suscitare stupore ed ammirazione. Non è facile parlare di Leonardo; tanto è stato scritto e detto su di lui che si rischia di cadere nella banalità e di ripetere cose ovvie e risapute. Il desiderio, tuttavia, di ricordare e di onorare un uomo eccezionale che tanto ha dato all’umanità e, in particolare, tanto lustro ha dato al nostro Paese, ci tenta fortemente. E allora ne parleremo dal nostro punto di vista che è quello del bibliofilo, sì perché anche Leonardo fu un appassionato bibliofilo. Sappiamo che possedeva oltre 150 libri, tra manoscritti, incunaboli e cinquecentine, cifra enorme per quell’epoca, tenendo conto del fatto che la stampa era stata inventata da poco e che una trentina di libri già costituiva, allora, una biblioteca ben rifornita.

Purtroppo tutti questi libri sono andati perduti e a tutt’oggi neppure uno, che rechi inequivocabili segni di appartenenza, è stato ritrovato. Parliamo di appunti e osservazioni che sicuramente l’artista avrà lasciato sulle pagine, segni inconfondibili perché, come si sa, la sua scrittura era molto particolare: egli scriveva all’incontrario, cioè da destra a sinistra.

I Libri di Leonardo

Per la precisione, un testo è giunto fino a noi con osservazioni e appunti scritti da Leonardo: si tratta del manoscritto del “Trattato di architettura” di Francesco di Giorgio Martini che è conservato nella Biblioteca Medicea Laurenziana di Firenze, ma gli studiosi ritengono che il manoscritto non fosse di sua proprietà, bensì sia stato da lui consultato per motivi di studio.

Come è potuto accadere che tutto si sia perso?

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Francesco Melzi

Nel maggio del 1517, Leonardo, accettando l’invito del re di Francia Francesco I, suo grande estimatore, si trasferisce ad Amboise. Il re gli ha messo a disposizione il maniero di Clos-lucè, lo ha nominato premier peintre, architecte e mecanicien du Roie gli ha assegnato una pensione di 5000 scudi. Leonardo ha portato con sé l’allievo e fedele amico Francesco Melzi e tutte le sue cose, compresi i libri. Due anni dopo, come abbiamo visto, muore assistito dall’amico che sarà anche il suo esecutore testamentario e proprio lui sarà l’erede dell’intera biblioteca che comprende tutti gli scritti dell’artista e tutti i suoi libri. Nel successivo mese di agosto il Melzi lascia Amboise e torna nella casa di famiglia a Vaprio d’Adda, presso Bergamo, portando con sé la sua eredità.

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Maniero di Clos-Lucè

Sappiamo che egli tiene in grande considerazione gli scritti del maestro (anche per un motivo affettivo) e quindi ne ha grande cura, ma non sappiamo se altrettanto fa con i suoi libri, per i quali non nutre forse un particolare interesse. E’ possibile, perciò, che una parte dei libri vada persa già durante il trasferimento da Amboise a Vaprio d’Adda. Quello che è certo è che, alla morte del Melzi, il figlio subentra nella proprietà e da questo momento inizia la dispersione di tutto il materiale, non solo dei libri, ma quello che conta di più, anche di tutti gli scritti di Leonardo che se ne vanno in diverse direzioni perché venduti, donati, ma in qualche caso anche sottratti.

Probabilmente in questa fase qualcosa si perde degli scritti originali dell’artista. Ciò che rimane viene raggruppato, da persone diverse e seguendo metodi diversi, nei cosiddetti Codici Vinciani.

Cataloghi & inventari, l’eredità cartacea di Leonardo

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Clos-Lucè – Sala di lettura di Leonardo

Per quanto riguarda la biblioteca di Leonardo è proprio tra i suoi scritti che troviamo traccia dei libri che possedeva. Sappiamo che egli aveva un forte legame con i suoi libri ed era sua abitudine, anche in considerazione dei frequenti spostamenti, compilare degli elenchi non solo dei testi posseduti, ma anche di quelli che intendeva consultare, magari chiedendoli in prestito. Non si tratta di veri e propri inventari sistematici, ma piuttosto di elenchi sparsi che quindi potrebbero non essere completi. Troviamo questi elenchi in alcuni dei Codici che raggruppano le opere dell’artista, i suoi scritti, le annotazioni, le osservazioni e i disegni.

In particolare troviamo:

-nel Codice Trivulziano, conservato nella Biblioteca Trivulziana presso il Castello Sforzesco di Milano, gli elenchi compilati negli ultimi anni del 1480,

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Estratto del codice Atlantico

-nel famoso Codice Atlantico, conservato nella Biblioteca Ambrosiana di Milano, gli elenchi del 1495,

-nel Codice di Madrid, scoperto solo nel 1967 nella Biblioteca National de Espana di Madrid, gli ultimi elenchi aggiornati al 1503.

Ma perché tanti studiosi si sono interessati a questi elenchi? Perché è così importante conoscere i libri che Leonardo acquistava e leggeva? La risposta è facile, potremmo concentrarla nella frase: “dimmi che libri leggi e ti dirò chi sei”. Conoscendo le sue letture, noi possiamo conoscere meglio l’uomo e la sua storia.

Leonardo comincia la sua attività come pittore nella bottega del Verrocchio. Qui ha occasione di conoscere personaggi del calibro di Raffaello Sanzio, per citarne uno. In questo periodo le sue conoscenze sono pressoché limitate ad una cultura trasmessa oralmente. Ma gli interessi dell’artista sono molteplici e spaziano in più campi. Per soddisfare le sue tante curiosità egli diviene autodidatta, non gli basta più l’esperienza diretta e la cultura tramandata e così comincia il suo stretto legame con i libri. Legge e studia molto. Importanti sono gli anni che trascorre a Milano al servizio degli Sforza. Anche questo capiamo leggendo gli elenchi trovati nel codice Atlantico e in quello di Madrid perché vediamo che il numero dei libri acquisiti, da questo periodo in poi, cresce in maniera cospicua. Si tratta di libri che spaziano in diversi campi dell’umano sapere: trattano, tra le altre cose, di architettura, matematica, geometria, fisica, meccanica, filosofia.

Per dare un’idea della vastità degli interessi di Leonardo citiamo, tra i tanti, alcuni autori, scelti tra quelli più famosi: Aristotele, Euclide, Tito Livio, Ovidio, Plinio, Avicenna, Isidoro di Siviglia (ecco spiegato l’inizio di questo viaggio ed il legame tra l’Etimologia e Leonardo) e poi ancora Dante, Petrarca, Marsilio Ficino, Leon Battista Alberti  (forse l’autore più stimato).

“omo sanza lettere”

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Appunti “leonardeschi” – Codice Leicester

Troviamo anche, tra i suoi libri, grammatiche e dizionari di latino, come il “Rudimenta grammatices” dell’umanista e filologo Niccolò Perotti. Sappiamo, perché lo dice lui stesso, che Leonardo è un “omo sanza lettere” come si definisce chi non conosce il latino e questo fatto è sentito come una forte limitazione all’apprendimento, dato che la maggior parte dei testi è scritta in quella lingua. L’artista si cimenta quindi anche nello studio del latino, ma non arriverà mai ad acquisirne una buona conoscenza e spesso si farà aiutare dagli amici più dotti.

Per via di questa sua difficoltà, l’artista si orienta preferibilmente verso testi in volgare, oppure ricorre a zibaldoni, cioè a raccolte di pensieri e concetti, in cui i testi sono sintetizzati e condensati. E’ sempre nel periodo milanese che decide di diventare anch’egli un altore(termine che usa con il significato di autore) ed inizia quindi a scrivere. Ma non scriverà mai un vero e proprio libro, si tratta invece di una grande quantità di annotazioni, pensieri e osservazioni personali e poi anche trascrizioni di passi dei manoscritti e dei libri che studia. L’unico libro che ci è pervenuto, “Il libro di pittura”, in realtà è una rielaborazione compiuta dal Melzi che ha sistemato in forma organica tutti gli appunti sparsi del maestro.

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La “terra Piatta” – incisione da “Etimologia di Isidoro da Siviglia – 1493. Leonardo di sicuro l’avrebbe “censurata”

Leonardo fu dunque un bibliofilo appassionato, aveva con i libri un rapporto intenso e costante, era un lettore attento, ma anche dotato di uno spirito critico che ci appare molto moderno. A quell’epoca non era abitudine diffusa confutare il sapere tramandato dai testi antichi, ma Leonardo è quello che noi definiamo un anticonformista.  E’ avido di sapere e di apprendere, però non accetta pedissequamente ciò che la cultura tradizionale gli porge. Ogni affermazione è messa in discussione e, soprattutto viene messa a confronto con l’esperienzadiretta perché questa, alla fine, è la cosa che più conta, quella su cui ogni sapere si deve basare.

E chissà, trovassimo oggi la copia dell’Etimologia posseduta da Leonardo, quali commenti, appunti e critiche leonardesche potremmo trovare in calce alla grande opera di Isidoro. Un tesoro perduto, uno dei tanti.

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