Venezia, 12 novembre 2019. L’ urlo delle sirene squarcia il cielo plumbeo annunciando l’arrivo dell’acqua alta. La città conosce bene questo suono inquietante, non è certo la prima volta; ma questa volta la forza dell’acqua spinta da un forte vento è più violenta del solito e porta distruzione oltre ogni previsione. Venezia, città delicata, dall’equilibrio fragile, è in ginocchio, i danni alle persone, alle strutture, al prezioso patrimonio artistico sono enormi. Osservo le onde sferzare Piazza San Marco, lambire i caffè storici, violentare la basilica rompendo le fragili barriere erette. Onde.
E non posso non pensare ad altre onde, onde di carta, onde nascoste nella carta. Onde che trovai circa due anni fa durante un breve viaggio ad Alpignano nel laboratorio dell’editore Tallone. Onde che richiamavano un altro evento drammatico, molto simile.
L’alluvione di Firenze
Era Il 4 novembre 1966. Da giorni l’Italia era sotto una grigia cappa di nuvole che scaricavano pioggia in abbondanza. L’allerta era alta in molte zone, tra queste il bacino dell’Arno. I fiorentini, però, non erano preoccupati, sono abituati alle piene novembrine del loro fiume.
Ma quella volta fu qualcosa di eccezionale, una cosa mai vista. L’Autorità di Bacino del Fiume Arno stimò la portata massima dell’Arno a Firenze intorno ai 4000mc/s. Ma la stima è incerta in quanto la Stazione Idrometrica di Nave di Rosano andò distrutta durante l’evento. Sempre secondo l’Autorità di Bacino, in città entrarono circa 70 milioni di metri cubi d’acqua. Le strade di Firenze divennero fiumi in piena che trasportavano detriti di ogni genere, mobili e persino auto.
Acqua, Arte e Libri
Quel giorno è passato alla storia come quello della più devastante e tragica alluvione di Firenze. Oltre ai danni alle persone (ci furono una trentina di vittime e molti feriti) e a tutte le strutture, i danni al patrimonio artistico e culturale della città furono immensi. Chiese, musei, edifici d’arte, biblioteche: l’acqua, su cui viaggiavano ampie chiazze di nafta e di benzina, e il fango tutto distrusse o rovinò per sempre. Decine di migliaia tra opere d’arte, dipinti, sculture, libri antichi e manoscritti andarono persi, altri, con fatica ed enorme lavoro furono salvati e restaurati per quanto era possibile.
All’epoca non esisteva ancora una struttura statale destinata a fronteggiare questi eventi eccezionali, la protezione civile sarebbe nata solo dopo quattro anni, nel 1970, anche come conseguenza dei fatti di Firenze.
Ma allora successe una cosa eccezionale: si può dire che tutto il mondo civile si mobilitò con un unico scopo: salvare Firenze. Salvare una città che è un patrimonio mondiale. Firenze non è italiana, Firenze è del mondo, è di ogni uomo e da tutto il mondo arrivarono uomini di buona volontà, dall’ Europa e persino dall’URSS e dalle altre nazioni del blocco comunista (all’epoca isolate ed indifferenti a ciò che accadeva nel resto del continente), dall’America e persino, numerosi, dall’Australia. Un esercito di giovani e non solo, armati di un grande coraggio, pronti a sopportare disagi enormi.
Gli “ANGELI DEL FANGO”
Arrivarono con i loro zaini pieni di tavolette di cioccolata, gli stivaloni e i sacchi a pelo. Per giorni, senza che nessuno potesse occuparsi di loro, senza chiedere niente, lavorarono in silenzio, immersi nel fango, insensibili al freddo, la stanchezza, il sonno e la fame, ubbidienti ad un solo imperativo: fare in fretta, fare in fretta. Il tempo era il peggior nemico, il fango si induriva e bisognava lavarlo via dai marmi, dalle tele, dalla carta. Le pagine dei preziosi libri antichi, degli incunaboli e dei manoscritti si erano incollate a volte irrimediabilmente, ma si cercava, con estrema delicatezza, per non rovinare i fragili fogli, di separarle e ripulirle. Così migliaia di giovani salvarono migliaia di opere d’arte. Un giornalista, descrivendo il loro intervento, che appariva quasi sovraumano, li chiamò “gli Angeli del fango” e tali sono rimasti nella memoria collettiva.
Incontro tra carta, onde e Aldo Manuzio

La pagina “Talloniana”
A questi “angeli”, cinquant’anni dopo, nel 2016, un editore d’arte, Enrico Tallone, ha voluto dedicare la sua edizione di una delle pagine più belle dell’ “Hypnerotomachia Poliphili” , romanzo allegorico del rinascimento stampato per la prima volta a Venezia nel 1499 da Aldo Manuzio.
Ricorrevano, in quel tempo, i cinquecento anni dalla morte del grande editore veneziano e Tallone voleva onorare la sua memoria stampando una pagina di quella che è considerata non solo la sua opera migliore, ma in assoluto il più bel libro della storia della stampa, grazie alla bellezza e alla nitidezza dei caratteri e alle illustrazioni, ben 169 splendide xilografie.
Tallone, dunque, ricompose a mano la pagina con i tipi di cassa cinquecenteschi. Sul verso sono impressi il colophon (le note tipografiche) e la dedica agli Angeli del fango.

Dedica agli “angeli del fango”
La pagina, custodita in una cartella rigida rivestita in carta Ingres, fu stata stampata solamente in 39 esemplari numerati, di cui 10 sulla pregiata carta al tino di puro cotone prodotta a Pescia proprio per restaurare i volumi che a Firenze furono sommersi dall’Arno. In quella particolare occasione, infatti, fu ripresa eccezionalmente la sua produzione nell’antico fabbricato quattrocentesco de “Le Carte” e, a memoria di quella tragedia ma anche della forza dell’uomo e della sua capacità di risollevarsi, in cartiera si scelse una filigrana particolare. La filigrana raffigurava 4 onde, a ricordo della data del 4 novembre, giorno in cui avvenne la terribile alluvione. E dalle onde, simbolicamente emergeva una freccia rivolta verso l’alto: il simbolo della rinascita.

Filigrana con onde e freccia
Un ultimo pensiero, ancora di libri e di acqua.
Torniamo infine dove questo breve viaggio ha avuto inizio: a Venezia. Qui, tra calle e canali sorge una delle librerie più suggestive della laguna, la libreria “Acqua Alta”. Una libreria unica in Italia che, fondata nel 2004, combatte per salvare i libri ospitandoli in barchette e gondole sistemate all’uopo. Sognavo di entrare un giorno in quel luogo magico. E spero di poterlo fare ancora. Perché purtroppo barchette, canoe e gondole non sono bastate a salvare i libri dalla marea record di questi giorni. La libreria ha perso centinaia di volumi. Mi unisco dunque al coro di chi invita i proprietari a non cedere, a ripartire. A salvare un luogo magico d’acqua e di libri.