Fin dall’antichità l’uomo ha sentito l’esigenza di scrivere la storia, di narrare ciò che egli stesso ha vissuto o ciò di cui è venuto a conoscenza tramite il racconto di altri.
Perché? Per il piacere di farlo, forse, ma soprattutto per tramandare a quelli che verranno dopo il ricordo di ciò è stato. Perché non si perda la memoria di uomini e di fatti importanti e non si perdano le conoscenze, le esperienze, le scoperte e le invenzioni che l’uomo ha raggiunto magari con sacrificio, a volte anche della propria vita, e che costituiscono la base su cui continuare a costruire.
Grande è quindi il contributo che gli storici hanno dato al progresso dell’umanità. Storici, per citarne solo alcuni, come i greci Erodoto e Senofonte o i romani Tito Livio, Svetonio, Tacito e lo stesso Cesare. Proseguendo il cammino della storia, troviamo, nel medioevo, una grande fioritura di annali e cronache, per la verità non sempre veritiere, spesso fantasiose.
Storia, abbazie e cultura nei tempi antichi
Centri di studio e raccolta dati erano le abbazie, formidabili luoghi di cultura. E se noi possiamo leggere gli storici dell’antichità, lo dobbiamo proprio ai monaci amanuensi e al loro immenso lavoro di trascrizione degli antichi manoscritti. Tra i più importanti ed attendibili storici di questo periodo ricordiamo Sant’Agostino (nel 400 d.C.) con la sua “De civitate Dei”, una visione della storia dal punto di vista cristiano, poi Isidoro, vescovo di Siviglia nel 500-600 d.C., che si propose, tra l’altro, di distinguere la storia dalla favola e dai miti, e infine Paolo Diacono, monaco cristiano, storico e scrittore longobardo di lingua latina, vissuto nell’VIII sec. d.C.
Nell’XI secolo Marianus Scotus, monaco irlandese vissuto in Germania, attento studioso delle fonti antiche, scrisse il “Chronicon”, un’accurata cronaca dalla creazione fino all’anno 1082. Questo testo fu molto popolare in tutto il Medioevo, considerato un’autorità in materia e un punto di riferimento per gli storici dei secoli successivi.
Werner Rolevinck e il “Fasciculus Temporum”
Sulla scia di quest’opera nel 1400 troviamo, sempre in Germania, un altro storico di grande valore. Si tratta di Werner Rolevinck vissuto dal 1425 al 1502. Nato in Vestfalia in una famiglia di agricoltori benestanti, si fece monaco certosino e visse tutta la sua vita nella Certosa di Colonia, dedito agli studi e alla scrittura. Fu “autore straordinariamente diligente e prolifico” come ebbe a dire un suo contemporaneo. Scrisse molto, infatti, circa 50 titoli, opere di teologia e di storia sacra destinate ai suoi confratelli; la maggior parte di queste opere, scritte in latino, è rimasta come manoscritto.
La sua opera più famosa, quella per cui è passato alla storia, è una poderosa Storia del mondo dalla Creazione fino al momento del completamento della stesura del testo (1474, durante il papato di Sisto IV), storia vista in una duplice ottica, religiosa e temporale.
Si tratta del “Fasciculus temporum”, scritto in latino, che fu stampato per la prima volta a Colonia nel 1474. L’opera suscitò un grande interesse e nei decenni successivi venne tradotta anche in fiammingo, francese e tedesco. Soltanto prima del 1500 furono almeno una trentina le edizioni stampate in Germania, ma anche in Olanda, nel Belgio, in Spagna e in Italia, a Venezia, dove operava Erhard Ratdolt, un proto-tipografo (come erano chiamati i primi stampatori) tedesco, proveniente da Augusta. Per gli studiosi dell’epoca, soprattutto dell’area tedesca, fu un’importante opera di riferimento per tutta la prima metà del XVI secolo, quando fu sostituita da altre più aggiornate. A proposito delle varie edizioni, va notato che nella versione stampata a Lovanio nel 1480 dal tipografo olandese Johan Veldener alle 400 pagine originali se ne aggiunsero altre 250 di cronache che riguardavano soprattutto i Paesi Bassi. Il fatto che nel colophon dell’opera si trovi la frase (qui tradotta) “terminato da me Johan Vedener”, ha fatto pensare che quelle 250 pagine siano un’aggiunta dello stesso stampatore.
Il segreto di un incunabolo “futuristico”
L’opera, come si è detto, ebbe un grande successo tra i contemporanei, successo che continuò anche nei secoli successivi (quando ormai era superata dal punto di vista strettamente storico). Le ristampe si susseguirono e questo ha permesso la sopravvivenza fino a noi di più di un centinaio di copie.
Il motivo di questo apprezzamento è sicuramente dovuto alla veste editoriale più che al testo.
Fin dalla prima edizione, infatti, l’opera è stata dotata di un corredo iconografico eccezionale, che in seguito è stato

La prima incisione a stampa di Venezia nella storia del libro stampato (Editio 1481)
ulteriormente arricchito, costituito da pregevoli xilografie che rappresentano vedute di città e di celebri monumenti, ma anche eventi straordinari come comete o eclissi, una fantasiosa arca di Noè e un Cristo circondato da scritte, poste sia in orizzontale che in verticale, che riguardano i quattro evangelisti i cui nomi figurano in altrettanti cerchi. Ma non è, quest’ultima, l’unica pagina dal design particolare. Tutto il testo presenta un layout insolito, raffinato e complesso (soprattutto se riferito all’epoca) che rende l’opera decisamente unica. Per esempio, molte pagine presentano al centro una striscia con doppia riga che separa il testo sovrastante (che riporta la storia biblica) da quello sottostante (con la storia secolare). Nella striscia alcuni cerchi contengono, a cominciare da Adamo, nomi di personaggi storici, come papi e abati imperatori e re, santi e martiri e le date relative: quelle sopra sono calcolate dalla Creazione del mondo (posta nel 5199 a.C.); quelle sotto, stampate al contrario, indicano il numero di anni prima della nascita di Cristo. Molti altri cerchi, alcuni collegati tra loro, altri no, si ritrovano in tutte le pagine; in essi sono indicate date, nomi e fatti. Questa insolita maniera di presentare le informazioni consente al lettore di leggere la storia in modo sincronico (i dati storici in un determinato momento) e diacronico (i dati nel loro divenire nel tempo).
Per quanto riguarda il contenuto, la prima osservazione che si può fare è che, qua e là, all’autore piace aggiungere, alla descrizione dei fatti, considerazioni e commenti di tipo etico.
Per quanto riguarda gli avvenimenti, appare evidente come, essendo Rolevinck nato e vissuto a Colonia, la sua attenzione vada soprattutto alle cronache tedesche. Ma manifesta un certo interesse anche per la storia dell’Inghilterra e dell’Irlanda, in questo dimostrando l’influenza di Marianus Scotus.
Infine è da notare un accenno alla recente invenzione della stampa che l’autore definisce:
“…l’arte delle arti, la scienza delle scienze…”
e continua affermando che
“…la virtù illimitata dei libri che prima…era nota a pochissimi studenti, ora è diffusa da questa scoperta ad ogni tribù, popolo, nazione e lingua ovunque…”