Il 15 aprile 2019 verso le 18,00 un incendio scoppiava sul tetto della chiesa di Notre Dame de Paris, il simbolo religioso della città. Poco dopo la notizia rimbalzava su tutte le televisioni francesi e poi del mondo. Per ore abbiamo assistito in diretta, increduli e sbigottiti, allo spettacolo delle fiamme, che avvolgevano la copertura della chiesa, e del crollo della sottile guglia.
Penso che il pensiero di molti sia corso, quella sera, ad un grande capolavoro della letteratura francese dell’800, uno dei libri più famosi e più letti, “Notre Dame de Paris” scritto nel 1831 da Victor Hugo. E probabilmente a qualcuno sarà tornato in mente un brano in particolare:
“Tutti gli occhi erano diretti verso la cima della cattedrale, ed era qualcosa di straordinario quello che stavano vedendo: nella parte più alta dell’ultima galleria, sopra il rosone centrale, c’era una grande fiamma che saliva tra i campanili con un turbinio di scintille, una grande fiamma che si ribellava furiosa.”
Una frase che sembra profetica anche se nel libro non si tratta di un vero e proprio incendio ma di uno strattagemma attuato dal gobbo Quasimodo, per mettere in salvo Esmeralda. La trama del romanzo è nota a tutti, le sue pagine hanno ispirato film, opere teatrali, un musical, cartoni animati e fumetti, e altrettanto famosi sono i suoi personaggi: Esmeralda, la bella zingara, Frollo, il bieco arcivescovo e soprattutto il gobbo Quasimodo, l’essere mostruoso che nasconde in sé un animo sensibile.
Ma, se leggiamo attentamente, ci accorgiamo che il vero protagonista dell’opera è un altro, anzi un’altra. E’ la chiesa di Notre Dame, che non è la cornice passiva in cui si svolgono i fatti, ma è il fulcro vivo, incombente e inquietante intorno al quale si muovono i personaggi e si snodano le vicende. Personaggi e vicende diventano allora solo un pretesto ideato dall’autore per raccontare la chiesa. Ma perché? A quale scopo?
LA STORIA DI NOTRE DAME
Per svelarlo è necessario raccontare la storia di questa chiesa: una storia lunga, drammatica, molto interessante. Nel XII secolo esistevano a Parigi, sull’isola della Senna, due piccole chiese. Il vescovo, ritenendole ormai inadeguate per la città che stava crescendo e che ospitava la corte del Re, le fece abbattere per edificare una nuova grande chiesa, costruita secondo i canoni dello stile gotico medievale.
La prima pietra fu posta nel 1163; la tradizione dice alla presenza del Papa Alessandro III. La costruzione andò avanti per circa un secolo; fu ultimata nel 1250 e da allora la grande cattedrale, dedicata al culto della Madonna, un culto molto sentito e diffuso nel Medioevo, fu testimone della vita di Parigi e della Francia. Sotto le sue alte volte è passata tutta la storia di quel paese e della sua Monarchia: incoronazioni, matrimoni, funerali, Te Deum di ringraziamento.
Accanto ai grandi avvenimenti, l’edificio ha però visto scorrere anche la vita quotidiana del popolo. A quell’epoca le chiese erano la casa di tutti e soprattutto dei diseredati, dei mendicanti, di quelli che non avevano una loro casa e lì si riparavano. Spesso accadeva che scoppiassero delle risse e che tipi poco raccomandabili disturbassero le funzioni. I canonici avevano il loro bel daffare per tenerli lontani almeno dagli altari.
Arriviamo fino al 1700, epoca in cui impera lo stile barocco, uno stile accademico che non ama il gotico ritenuto primitivo, rozzo, barbarico. Fu deciso quindi di ristrutturare la chiesa secondo i nuovi canoni architettonici. Ci pensò Jules Hardouin-Mansart, l’inventore degli abbaini (da cui la parola mansarda), il quale senza crearsi troppi problemi distrusse l’altare maggiore, il coro, le statue, tutto ciò che non corrispondeva al gusto moderno. Le pareti furono ridipinte nascondendo gli antichi affreschi, le vetrate policrome sostituite da altre con i fiordalisi, lo stemma della casa regnante, i Borbone. Nel 1771 proseguì l’opera di distruzione; fu sventrato il portale principale adorno di artistiche sculture per permettere ai grandi baldacchini usati durante le processioni di entrare e uscire facilmente. Non avevano evidentemente preso in considerazione la possibilità di ridurre le dimensioni dei baldacchini!!
La rivoluzione del 1789 compì l’opera: le statue dei Re dell’Antico Testamento (scambiati per i Re di Francia Clodoveo, Pipino, Carlo Magno) furono distrutte per eliminare ogni richiamo monarchico, divelte per lo stesso motivo le vetrate con i fiordalisi e abbattuta la sottile guglia (forse per decapitare simbolicamente la cattedrale, come qualcuno ha affermato?). I canonici furono allontanati, venduti o fusi gli arredi per ricavarne armi. Alla fine la grande cattedrale divenne un magazzino di vini, pieno di botti e damigiane.
Nel 1801 l’edificio tornò alla Chiesa, nel 1802 fu celebrata la prima Messa e nel 1804 si tenne la solenne cerimonia dell’incoronazione di Napoleone. Ma pochi furono gli interventi di restauro per riparare ai gravi danni perpetrati nei secoli precedenti. Inoltre lo stile gotico, considerato il frutto di una civiltà barbara, ancora non era ben visto.
VICTOR HUGO
Ma c’era un giovane scrittore che non era dello stesso parere, anzi riteneva che l’architettura medievale rappresentasse “il grande libro dell’umanità” e quindi andasse preservata. Temendo che la chiesa venisse distrutta, seguendo la sorte di altri monumenti gotici della città, il giovane si adoperò perché ciò non avvenisse, usando l’unico mezzo di cui disponeva: la penna. Ma era un mezzo poderoso perché quella era la penna di Victor Hugo.
Scrisse Hugo:
“Il tempo è cieco e l’uomo è stolto…Se avessimo il piacere di esaminare una ad una le diverse tracce di distruzione impresse sull’antica chiesa, quelle dovute al tempo sarebbero la minima parte, le peggiori sarebbero dovute agli uomini”
Ritenendo che qualche articolo non fosse sufficiente, lo scrittore pensò di costruire intorno alla chiesa un grande romanzo d’amore ambientato proprio nel medioevo. Pubblicò così, nel 1831, il suo capolavoro “Notre Dame de Paris”. In un passo dell’opera così scriveva Hugo:
“L’arte magnifica creata dai Vandali fu uccisa dalle Accademie. Ai secoli, alle rivoluzioni che devastavano sì, ma con imparzialità e grandezza, è venuto ad aggiungersi lo sciame degli architetti di scuola…che preferiscono e adottano soluzioni di gusto deteriore, sostituendo i fronzoli del Luigi XV ai merletti gotici…”
Il momento era storicamente propizio: all’accademismo del ‘700 si stava sostituendo il movimento romantico che rivalutava il medioevo, la sua cultura e la sua arte. Il romanzo ebbe un enorme successo e attirò l’interesse di molta gente che si recò a visitare la chiesa per vedere i luoghi dove si svolgeva l’azione. Sulla spinta dell’opinione pubblica e presa coscienza del nuovo clima culturale, chi di dovere decise che era arrivata l’ora di risistemare quella chiesa restituendola al suo ruolo prestigioso. Così nel 1844 iniziarono i lavori di restauro con lo scopo di riportare il monumento, per quanto possibile, alle sue forme originarie. L’incarico fu dato ad un grande architetto Viollet-le-Duc e Victor Hugo fu nominato tra i supervisori. Tra gli altri interventi, uno dei più importanti fu la ricostruzione della guglia che era stata distrutta. Quella guglia che, per un tragico destino, un anno fa è stata di nuovo distrutta dal fuoco dell’incendio.
Concludiamo con alcune considerazioni. Si dice che Hugo si sia ispirato per il personaggio di Quasimodo a una persona reale: uno scultore che frequentava la chiesa e che presentava una vistosa malformazione per cui era chiamato “il gobbo”. Lo scrittore l’aveva notato e riuscì a farlo assumere per i lavori di restauro. Sempre riguardo al personaggio di Quasimodo qualcuno ha visto in lui la rappresentazione umanizzata della cattedrale, così come la vide Hugo, devastata, fatiscente, ma con un’anima capace ancora di emozionare. Sarà la grandezza della sua storia, sarà la bellezza delle sue alte volte che aspirano a raggiungere il cielo, è un fatto che Notre Dame, edificata in onore della Madonna più di 800 anni fa, è diventata un simbolo non solo di Parigi e della Francia, ma della religiosità e dell’arte universale.
Tutti, quella sera del 15 aprile 2019, vedendo le fiamme divorare la guglia, abbiamo provato un brivido e un senso di smarrimento perché quel fuoco si portava via anche qualcosa di noi, della nostra cultura, del nostro passato. Ma questa volta la ricostruzione è partita subito, questa volta non c’è stato bisogno di un Victor Hugo.
Si impara sempre qualcosa: grazie! 🙂
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