
Nell’ultimo post pubblicato, quello su Mark Twain, parlando del Mississippi, il fiume tanto amato dallo scrittore, ci siamo imbattuti in un personaggio molto particolare che ha subito colpito la nostra curiosità e ci ha spinto ad approfondire l’argomento.
COSTANTINO BELTRAMI

Si tratta di Giacomo Costantino Beltrami, bergamasco di nascita, magistrato, patriota, massone, antropologo, esploratore, il quale nel 1823 scoprì le sorgenti del Grande Fiume e poi raccontò questa sua eccezionale esperienza in un libro “La decouverte des sources du Mississippi e de la Rivière sanglant”pubblicato a New Orleans nel 1824.
Un personaggio complesso, come si è visto, inquieto e sognatore. A 18 anni segue Napoleone e si arruola nell’esercito della Repubblica Cisalpina. Dopo la caduta dell’Imperatore, resta coinvolto in alcuni moti rivoluzionari e rischia la condanna a morte. In seguito un altro grave fatto lo colpisce profondamente: muore di malattia una sua cara amica, forse anche amante, la Contessa Giulia de’ Medici Spada che a Firenze l’aveva introdotto nel suo salotto letterario dove il giovane aveva avuto modo di incontrare personaggi come Foscolo, Alfieri, Chateaubriand, Lamartine e Byron.
Tutti questi avvenimenti lo inducono ad abbandonare l’Italia e a cercare in America quella libertà a cui tanto aspira, spinto anche dallo spirito massonico che lo spinge a tentare sempre nuove esperienze spirituali e ad esplorare mondi sconosciuti.
Così nell’autunno del 1822, con un bagaglio leggero, qualche indumento e alcuni libri, salpa dall’Inghilterra per Filadelfia. Il viaggio è spaventoso: la nave si trova a dover affrontare forti tempeste che ne deviano anche la rotta e indeboliscono lo scafo, in aggiunta malattie e denutrizione sfiancano i passeggeri. Beltrami ancora una volta rischia di morire; ma è un uomo forte e determinato, non è tipo da scoraggiarsi.
Sbarcato finalmente a Filadelfia negli ultimi giorni dell’anno, dopo essersi ripreso ed ambientato, si reca a Washington e si incontra brevemente con il Presidente James Monroe, come lui iscritto a una loggia massonica.
Decide quindi di trascurare le grandi città della costa e di inoltrarsi nel territorio per scoprire la vera America, la sua natura, le sue genti. Su un battello a vapore percorre il fiume Ohio fino alla confluenza con il Mississippi che intende discendere fino a New Orleans. Ma il destino ha in serbo altri programmi per lui.
BELTRAMI ED IL MISSISSIPPI
Sul molo, mentre è in attesa del battello, incontra alcuni militari di ritorno da una missione, tra questi c’è anche un certo maggiore Tagliaferro di lontane origini italiane. Stanno tornando a Forte St.Anthony e Beltrami sui due piedi decide di unirsi a loro. Così, invece di scendere a sud, si trova a risalire il Mississippi verso nord.

Ascolta i discorsi dei militari e delle guide indiane che li accompagnano e ne rimane affascinato, così come è incantato dalla natura ancora selvaggia della regione che il fiume attraversa. Sente il bisogno di raccontare le sue esperienze e le sue impressioni ed inizia a scrivere una specie di diario di viaggio sotto forma di lettere all’amica contessa Gerolama Passeri Compagnoni.
Durante il soggiorno al forte ha modo di approfondire la conoscenza con i nativi, frequenta le loro tende, ne impara velocemente la lingua e le abitudini. E’ interessato anche al percorso del Grande Fiume e si stupisce del fatto che le sue sorgenti siano ancora sconosciute.

Quando gli si presenta l’opportunità di aggregarsi ad una spedizione militare diretta a nord, verso il Canada, non si lascia sfuggire l’occasione. Ai primi di luglio del 1823, giunge così a Pembenar, la stazione commerciale meta della spedizione, ma lui è ormai ben deciso a proseguire, anche da solo, alla ricerca delle sorgenti. In molti cercano di dissuaderlo, andrà incontro a un territorio ancora inesplorato, che presenta molti pericoli, primo fra tutti le popolazioni indigene che appartengono a tribù particolarmente selvagge.
Incontro con popolazioni indigene
Ma Beltrami non si spaventa, il suo carattere indomito non teme i pericoli. Ormai conosce i nativi, ne parla la lingua, ne conosce le abitudini e inoltre ha capito che gli unici europei che sono accettati sono i cacciatori di pelli: così si spaccia per uno di loro e prosegue da solo il viaggio verso nord a bordo di una canoa. Con il suo comportamento pacifico e gentile, così diverso da quello degli altri esploratori, ma anche per il grande coraggio che dimostra, conquista presto la simpatia e la stima delle genti che incontra. Tutti lo conoscono come l’uomo dall’ombrello rosso, oggetto che Beltrami ha acquistato a Filadelfia e ha deciso di portare sempre con sé come segno di distinzione e di intenzioni pacifiche.
Gli indigeni lo chiamano Washichu Honska, uomo bianco grande e alto, oppure Kitchy Okiman, grande capo.
Certo non mancano le difficoltà. Il clima è freddo e umido, non sempre riesce a trovare cibo a sufficienza, a volte la corrente troppo forte del fiume lo obbliga a procedere via terra, trascinando la canoa su un terreno impervio, ma non si perde mai d’animo. Neppure quando subisce l’attacco di un gruppo di guerrieri Lakota.
La ricerca delle sorgenti del Mississippi non è un’impresa facile anche perché è difficile seguirne il percorso senza perdersi, molti sono i corsi più o meno piccoli che confluiscono nelle sue acque e non sempre è semplice capire quale sia il fiume principale. Inoltre la zona è ricca di laghi e laghetti dei quali i fiumi sono emissari ed immissari. Tutto ciò confonde molto le cose.
E’ la metà di luglio quando giunge stremato sulle rive di un lago, il Red Lake, e qui viene accolto nel villaggio di una tribù Chippewa, curato e rifocillato. Con il capo indiano fuma il calumet della pace e scambia informazioni. Ottiene una guida, un mezzosangue canadese, che lo accompagnerà ancora più a nord in un territorio coperto da foreste, laghi e zone paludose dove cresce il riso selvatico.


Alla fine di agosto arriva nei pressi di una zona collinare su cui inaspettatamente trova un lago che battezza con il nome della donna amata “Giulia”. Questo lago alimenta due corsi d’acqua, uno a nord, il Red River (la rivière sanglant) e uno a sud, un modesto rigagnolo che Beltrami individua come le sorgenti del Grande Fiume.
Così scrive Beltrami in una delle sue lettere
“ …il fiume maestoso, che abbraccia un mondo e che rugge, nelle sue cateratte, non è alle sorgenti che una Naiade timorosa che scivola furtiva tra i rosolacci e i canneti che ne impacciano il cammino. Questo famoso Mississippi, il cui corso, a quel che si dice, è di 1200 leghe e che vede navigare nelle sue acque “steam-boats” [navi a vapore] della lunghezza di una fregata, non è alla sorgente che ruscelletto di acqua cristallina che si nasconde fra i giunchi e il riso selvatico i quali paiono insultare, umiliare la sua nascita. La mia immaginazione, che aveva creduto di vedere scoscese montagne versare a grandi fiotti le acque di questo fiume regale, rimase colpita da stupore di non trovare invece che un paese eternamente piatto e fiottante su acque sotterranee”.
Esplorata la zona e preso nota nel suo diario di tutte le informazioni che lo interessano, nei giorni successivi Beltrami riprende la strada del ritorno non senza incontrare nuove difficoltà e pericoli. Alle rapide di La Prairie rischia di annegare; in seguito deve affrontare un branco di lupi e persino un feroce grizzly.
Alla fine di settembre è al Forte St. Anthony, dove viene accolto con stupore dai militari e dai nativi che aveva incontrato nel suo precedente soggiorno: ormai tutti lo davano per disperso o addirittura morto. Riparte poi, sempre navigando sul Mississippi, e giunge a New Orleans dove si ferma per un periodo di riposo. Qui mette mano ai suoi appunti e alle lettere in cui racconta l’esperienza appena vissuta e scrive in francese e pubblica, nel 1824, “ La decouverte des sources du Mississippi et de la Rivière sanglant”.
Le altre avventure
Negli anni che seguono Beltrami visita il Messico e i paesi dell’America Centrale, alla ricerca delle antiche civiltà.

Si può notare che è lo stesso abito dipinto nella tela del 1931 che raffigura l’esploratore alla guida della canoa.
Riparte infine per l’Europa stracarico di “ricordi” dei suoi viaggi: piante e minerali, ma soprattutto manufatti di ogni genere donati dagli indigeni. Tutti questi oggetti, alcuni esemplari molto rari, si trovano ora in due musei etnografici: a Bergamo, sua città natale, e a Filottrano, nelle Marche, dove è morto. Oltre al libro sulle sorgenti del Grande fiume, Beltrami ha scritto altri testi che raccontano in modo particolareggiato la natura dei posti visitati e il carattere e le abitudini degli indigeni. Ha scritto anche un apprezzato dizionario della lingua dei Sioux, opera che ancora viene stampata.
Leggendo la biografia di questo personaggio colpisce il fatto che in Italia, all’epoca, ha riscosso uno scarso successo, i suoi scritti sono addirittura stati messi all’indice dalla Chiesa e sequestrati perché ritenuti offensivi del clero e della religione. Ancora adesso il suo nome è quasi del tutto sconosciuto ai più, a differenza di quello, per fare un esempio, dell’inglese Livingstone, lo scopritore delle sorgenti del Nilo. Forse che il Mississippi è un fiume meno importante? Maggior fortuna Beltrami ebbe invece all’estero. A Londra fu nominato membro onorario della prestigiosa Botanic and Medical Royal Society, altri riconoscimenti ottenne in Francia.
Negli Stati Uniti diverse località sono state chiamate con il suo cognome: nel Minnesota la contea dove si trovano le sorgenti e poi una cittadina nella contea di Polk, un quartiere nella città di Minneapolis ed infine una Riserva naturale, la Island State Forest.
Ultima curiosità: si ritiene che gli scritti del Beltrami, le sue intense descrizioni dei luoghi e le accurate informazioni sulle caratteristiche e le abitudini delle tribù incontrate, abbiano ispirato lo scrittore James F. Cooper che nel 1826 pubblicò il romanzo “L’ultimo dei Mohicani”, ambientato proprio nella regione a cavallo tra gli Stati Uniti e il Canada.
un articolo davvero interessante! Vien voglia anche di andare al museo per “annusar” pezze 🙂
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