

Le origine del diario
Dai secoli successivi, allargando i nostri orizzonti, ci sono pervenuti diari che hanno una grande importanza storica, citiamo per tutti i diari di bordo di Cristoforo Colombo e i diari di Samuel Pepys, alto funzionario dell’Ammiragliato inglese vissuto nel 1600, le cui memorie costituiscono un quadro perfetto ed esauriente della vita privata e pubblica dell’epoca.
I Diari di viaggio
A partire proprio dal XVII secolo si diffondono i diari di viaggio. Sono i secoli delle grandi scoperte geografiche: il nostro mondo è ancora in buona parte poco conosciuto o addirittura sconosciuto.
Intrepidi navigatori ed esploratori si avventurano in quelle terre e in quei mari, non senza correre grandi pericoli. I loro diari di bordo sono puntuali, ricchi di annotazioni ed osservazioni sulle nuove terre scoperte e sui popoli incontrati. Ricordiamo, per esempio, il diario di bordo di James Cook con il resoconto dettagliato dei suoi viaggi nelle terre dell’Oceano Pacifico.

Nel ‘700 e ‘800 prevalgono i tanti diari dei viaggi effettuati da artisti ed aristocratici in giro per l’Europa dell’arte e della cultura. Ogni giovane signore, infatti, doveva compiere il suo “Grand Tour”, il cui scopo, oltre che di svago, era soprattutto di istruzione ed educazione: un vero percorso formativo, umano ed artistico, che poteva durare mesi o anche anni. La meta preferita di questi viaggi era il nostro bel Paese nel quale alla bellezza e varietà del paesaggio si aggiungevano arte e cultura, soprattutto ora che si andava riscoprendo la cultura classica anche grazie all’intensificarsi degli scavi archeologici che riportavano alla luce i monumenti dell’antica Roma.
Donne e diari
Inizialmente erano solo gli uomini a compiere questi viaggi, poi sul finire del ‘700 anche le donne hanno cominciato a viaggiare, accompagnate da chaperon, e a raccontare questa loro nuova esperienza su lettere e diari. Ne citiamo uno per tutti: il “Diario della marchesa Margherita Boccapaduli”, donna colta e raffinata che nel 1794-95 intraprese un lungo viaggio in giro per l’Italia accompagnata da Alessandro Verri, scrittore e letterato, fratello del più famoso Pietro Verri.
E a proposito di donne e di diari non si possono a questo punto tacere i tantissimi diari personali scritti da romantiche fanciulle delle famiglie aristocratiche e borghesi dell’800 che in quelle pagine riversavano i loro sospiri e turbamenti. Sono scritti personali, intimi, anonimi: centinaia, forse migliaia di pagine che sono per lo più andate perse come tutte le mode effimere che il vento del tempo disperde. O magari sono rimaste nascoste per anni in un baule di qualche soffitta, per la gioia di nipoti e bisnipoti.

Il ‘900 ci porta altri diari, alcuni con un alto valore letterario o sociale: pensiamo, per fare solo qualche esempio, ai Diari di scrittori come a Kafka, Virginia Woolf, Anais Nin o di personaggi divenuti storici come Anna Frank ed Ernesto Che Guevara.
Diari di guerra
Un’altra categoria particolare di diari che rivestono una grande importanza storica sono i diari di guerra.
Dall’antica Roma ci giunge il “De bello gallico” che altro non è che la rielaborazione degli appunti che Giulio Cesare annotava giorno per giorno durante la campagna delle Gallie.
Più vicino a noi ricordiamo il diario di Rommel scritto dal generale tedesco nel corso della campagna d’Africa durante la Seconda Guerra Mondiale.
Diario di guerra – 1915 Diario di guerra – 1918
Ma da che cosa nasce questo bisogno di raccontare e di raccontarsi che accomuna personaggi della cultura e gente comune, uomini e donne, adulti e adolescenti. Chi non ha mai scritto o avuto la tentazione di scrivere almeno qualche pagina di diario?
La parola è il più importante mezzo che abbiamo per fissare le esperienze vissute e recuperarle dall’oblio. Un mezzo quindi per non dimenticare, per rivivere esperienze personali o per raccontare avvenimenti storici ai quali diamo un particolare significato.
Il diario può diventare un amico, un confidente intimo al quale rivelare i pensieri più segreti; rappresenta uno sfogo, uno specchio nel quale guardarsi per conoscersi meglio e per mettere ordine nella propria vita.
L’Alfieri ha scritto: “…ancora conservo una specie di diario che per alcuni mesi avea avuta la costanza di scrivere annoverandovi non solo le mie sciocchezze abituali di giorno in giorno, ma anche i pensieri, e le cagioni intime, che mi facevano operare o parlare; il tutto per vedere se, in così appannato specchio mirandomi, il migliorare d’alquanto mi venisse poi a riuscire.”
Molti scrittori hanno usato il diario per registrare fatti e sensazioni in una sorta di “magazzino” da cui attingere secondo l’ispirazione, in cui ripescare materiale da sviluppare poi in un’opera letteraria. Così, per esempio, hanno fatto Goethe, Stendhal, Tolstoj e Kafka i quali hanno usato il diario anche per raccogliere informazioni ed emozioni.
Ma può anche essere il mezzo con cui far conoscere ad altri una parte della nostra vita, per lasciare una traccia dei nostri pensieri e delle nostre esperienze.
Virginia Woolf si chiedeva: “Scrivo per i miei stessi occhi? E se non per i miei, per quali occhi? Una domanda interessante, direi”.
Se il diario nasce come un’esternazione privata, intima, spesso poi cerca un dialogo con altri. L’io narrante sente l’esigenza di un destinatario, di un lettore con cui confrontarsi. Il diario allora diventa un dialogo con un interlocutore che però può anche essere immaginario. O, in qualche caso, può essere lo stesso io, cioè l’immagine che lo specchio rimanda.
Diario dunque specchio di noi stessi, come diceva l’Alfieri, ma anche filtro perché sul diario non si può scrivere tutto.
Qualcuno ha detto: “Il diario è un calendario riempito di parole”. Ogni pagina del diario reca una data che deve rispettare la cronologia e in ogni pagina sono annotati i fatti e le emozioni vissute in quella giornata.
Ma è chiaro che non c’è spazio per riportare tutti i fatti, tutte le emozioni, chi scrive quindi deve necessariamente fare una scelta. Ecco che il diario diventa un filtro, tutto ciò che è irrilevante è scartato, ma può capitare anche che venga scartato ciò che si ritiene inopportuno o che si voglia di proposito nascondere o cancellare dalla memoria. Consapevolmente o inconsciamente l’io narrante fa una scelta.
Questa rielaborazione degli argomenti è più evidente se il diario è destinato, fin dall’inizio della sua stesura, alla pubblicazione. In questo caso non potrà essere scritto di getto, occorre che il discorso sia organizzato perché risulti chiaro al lettore. Ogni giorno è autonomo, ma è in rapporto con i precedenti e i successivi. le parti devono essere armoniche e collegate tra di loro per formare una trama con un inizio e una fine, un filo conduttore, come in un romanzo. Così il diario diviene un’opera letteraria.
A volte, in letteratura, romanzo e diario si intrecciano, all’interno di un romanzo trova spazio un diario. Questo avviene, per esempio, ne “Le confessioni di un Italiano” di Ippolito Nievo. Qui l’autore alla fine del romanzo dà la parola ad un personaggio, il figlio del protagonista ed io narrante, riportando le pagine del suo diario.
In questo caso non si tratta di un diario autentico, ma di invenzione letteraria.
