
Il libro che apriamo oggi è uno di quelli che, se li vedi sul banchetto di un antiquario, degni solo d’uno sguardo fugace. La copertina è tanto consunta che poco si distingue del colore e del disegno originale. Doveva essere rivestita di carta marmorizzata, ma ora le macchie più visibili sono quelle provocate dall’usura del tempo. Ma quando si apre ecco che, come da una scialba conchiglia senza pregio, appare una preziosa perla. Una perla che ci parla di una carta antica, di un artista raffinato e di un mondo lontano, esotico e misterioso.
Si tratta di un libro, stampato a Osaka verso la metà del 1700, nel quale è descritta la vita quotidiana rurale nell’antico Giappone dell’epoca Edo (XVII-XIX sec.), con particolare riferimento ad alcune attività agricole riservate alle donne. Autore e illustratore, ma più illustratore perché le illustrazioni sono di gran lunga preponderanti rispetto alle parti scritte, è Tachibana Morikuni, il più grande artista della sua epoca.
A proposito di carte e rilegature
Il libro è stampato con il metodo xilografico, usando stampi in legno intagliati a mano, su carta washi (wa = giapponese; shi = carta), una carta fatta a mano con fibre vegetali del gelso o di altre piante locali affini, tipo il kozo. Secondo la leggenda questo metodo di lavorazione sarebbe stato portato in Giappone intorno all’anno 600 da un monaco coreano buddista.

La carta era prodotta in ambiente rurale, dai contadini, durante i mesi invernali; le fibre venivano ammorbidite in acqua fredda e spesso la preparazione era arricchita con erbe, fiori e persino polveri d’oro o d’argento. Si poteva aggiungere anche dell’incenso che aveva lo scopo di preservarla dagli attacchi degli insetti. L’uso di questa carta era appannaggio delle classi più agiate: oltre che per la scrittura, per la sua proprietà di filtrare la luce veniva usata molto anche nelle abitazioni per creare pannelli separatori e lampade.
Per quanto riguarda i libri c’erano diversi tipi di rilegatura. Per il nostro è stata usata la rilegatura Fukuro Toji che consiste nel piegare in due un foglio grande il doppio della pagina che si vuole ottenere; si forma così uno spazio interno in cui si possono conservare piccoli foglietti o fiori o foglie.
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Tachibana Morikuni
Tornando al nostro libro, prima di parlare del suo contenuto, è d’obbligo presentare il suo autore, uno dei più grandi artisti del suo tempo e non solo. Tachibana Morikuni, pittore, illustratore e scrittore, nasce e vive a Osaka nel XVIII secolo.
La sua tecnica è quella della xilografia, con la particolarità che gli stampi in legno vengono intagliati e poi raschiati in modo tale da creare un effetto di pennellata.


I soggetti più raffigurati sono i fiori e gli uccelli, soggetti ancor oggi propri della tradizione artistica sia della Cina che del Giappone, spesso con connotazioni letterarie o religiose. I fiori, soprattutto, hanno un ruolo importante nella cultura di questi due paesi; infatti alcuni di essi assumono particolari significati in relazione a fenomeni naturali, come per esempio le stagioni, o a cerimonie e rituali.Le illustrazioni del libro che apriamo oggi riguardano invece, come si è detto, l’ambiente e le attività rurali nel Giappone contemporaneo all’artista, con un particolare riguardo al lavoro femminile. Siamo nel periodo Edo che va dal 1603 al 1868. E’ un vero peccato non essere in grado di leggere la scrittura, possiamo solo ammirare le tante e belle xilografie e la stessa scrittura, così decorativa, esotica e misteriosa ai nostri occhi occidentali.
La condizione della donna nell’antico Giappone
Si è parlato di lavoro femminile e questo ci spinge ad approfondire un tema che sicuramente offre degli spunti interessanti.
In epoca antichissima la donna aveva un ruolo molto importante nella società giapponese. Basti pensare che la leggenda fa risalire le origini della stessa dinastia imperiale ad una dea femminile, Amaterasu, dea del sole, e che molte furono le imperatrici donne.A partire dall’anno corrispondente al 794 d.C. , dopo un lungo periodo di lotte, con l’ascesa al potere della famiglia Fujiwara, ha inizio nel paese un’ epoca di pace che durerà fino al 1185. E’ il periodo Heian, che significa città della pace, dal nome della città dove si è insediata la famiglia al potere.
In tutto questo tempo il Giappone è un piccolo mondo perfetto, felice, che cerca di mantenersi isolato dal resto del mondo.L’ importanza del ruolo femminile nella società Heian diminuisce, anche per effetto della diffusione delle dottrine del Confucianesimo che vedono la donna come un essere inferiore all’uomo.
Occorre però fare una precisazione, bisogna sempre distinguere la donna di alto ceto sociale, dalla donna dell’ambiente contadino. Mentre quest’ultima in pratica viene ancora considerata alla pari perché come l’uomo lavora duramente nei campi, la donna di rango elevato assume un ruolo di secondo piano. Ella non deve apparire molto, deve fare vita ritirata nei locali della casa che le sono riservati, celata dietro a paraventi o tende di bambù, dalle quali può vedere senza essere vista. Tuttavia, per alcuni aspetti, gode ancora di una certa libertà, come, per esempio, ricevere uomini anche di notte, purché…il tutto avvenga con la massima discrezione.Cronache dell’epoca raccontano che, nei locali dei palazzi, il silenzio notturno era animato da discreti scalpiccii che furtivamente andavano da una stanza all’altra.

E’ proprio in questo periodo che le donne eccellono nella scrittura. Tutti i più grandi poeti e scrittori sono donne. Alla scrittura si dedicano le dame di corte, donne colte, raffinate e spiritose. Diffusa è l’abitudine di scrivere piccole poesie su foglietti di carta che si lasciano in giro nei palazzi. Spesso questi versi sono permeati di grande lirismo. Sono scritti di getto, per ispirazione, o su richiesta e gli argomenti sono i più disparati, dall’analisi psicologica ai turbamenti d’amore, dalla natura, il paesaggio e le stagioni alla vita di corte, le feste, i riti e le cerimonie. Ma non scrivono solo biglietti, anche diari interessantissimi perché rappresentano nei dettagli la vita di corte dell’epoca e romanzi, alcuni dei quali sono tuttora considerati capolavori della letteratura giapponese di tutti i tempi.
Nelle epoche successive, in Giappone si consolida l’aspetto patriarcale della società, almeno per quanto riguarda le famiglie nobili. La donna ha la sola funzione di mettere al mondo almeno un figlio maschio per garantire la successione. Il destino delle figlie femmine è quello, tramite i matrimoni combinati, di essere un mezzo per allacciare alleanze o sancire tregue tra clan rivali.
L’era degli Shogun
Intanto il potere si accentra sempre più nelle mani dei militari, finché si arriva al periodo Edo (1603-1868) durante il quale questo potere si consolida nella figura dello shogun (generalissimo).
Lo shogun risiede nella città di Edo (che ha dato il nome al periodo) ed è soggetto soltanto all’imperatore che risiede a Kyoto con la sua corte. Ma spesso si tratta di una sudditanza più formale che reale dato che in pratica il suo potere è pressoché assoluto, avendo dalla sua anche la potente classe militare che, con i fedeli samurai, controlla tutto il paese, il territorio e l’apparato statale.
Gli obiettivi del governo militare sono quelli di mantenere l’assetto politico e sociale, impedendo ogni mutamento, disordini e instabilità. Vige il Sakoku (paese incatenato) che vieta ai giapponesi di lasciare il paese e agli stranieri di entrare se non muniti di speciali permessi. La stabilità politica provoca uno sviluppo dell’economia, il commercio si intensifica favorito dalla costruzione di nuove strade, la popolazione aumenta e le città crescono. In agricoltura si adottano nuove tecniche e si sperimentano nuove colture. Ma il cambiamento più importante si manifesta con la formazione e la crescita di una nuova classe sociale, quella della borghesia. Si assiste quindi ad una lenta trasformazione della società da agricola-guerriera ad urbana-borghese. Questa trasformazione reca già in sé i germi di quella che sarà la rivoluzione Meji, che negli ultimi decenni dell’800 scuoterà tutto il Giappone, aprendolo al mondo esterno e ai cambiamenti in senso moderno.
Tornando al periodo Edo, osserviamo che il neo-confucianesimo si impone come ideologia ufficiale del regime. Questo determina una minore libertà della donna -come già si è visto considerata da Confucio un essere inferiore- e una sua ancora maggiore dipendenza dall’uomo. La donna non ha alcun ruolo se non quello di procreare ed è soggetta alle tre “obbedienze”: al padre, al fratello, al marito (al figlio maschio se vedova). Tutta la vita della donna cittadina, borghese, si svolge tra le mura di casa, dedita alle incombenze domestiche e alla cura dei figli.

Diversa, come sempre, è la vita della donna contadina che, anche se soggetta all’autorità maschile, ha un ruolo importante nel pesante lavoro nei campi, pari a quello dell’uomo e questo comporta una sua maggiore libertà dal momento che non è segregata in casa. Inoltre alla donna sono affidate particolari attività, come l’allevamento del prezioso baco da seta, la lavorazione dei tessuti e la lavorazione della carta utilizzando le fibre del gelso e di altre piante.
La Geisha
Un capitolo a parte è quello che riguarda la geisha, una figura femminile tipica del Giappone e unica nel suo genere.
Ed è proprio nel periodo Edo che questa figura femminile assume un ruolo molto importante nella società giapponese.
Geisha vuol dire “persona dell’arte”, da gei=arte e sha=persona. La geisha ha il compito di intrattenere gli ospiti durante le feste e le cerimonie tradizionali: deve saper suonare, cantare, ballare e conversare. Non è necessario che sia bella, è indispensabile invece che sia arguta ed istruita; per questo esiste una vera e propria scuola che, oltre alla musica, il canto e il ballo, insegna a conversare su ogni argomento e a servire il tè secondo le rigide regole dettate dalla sua cerimonia. La geisha si riconosce dal vestito e per il trucco molto pesante, ma non è una prostituta, anche se il rapporto sessuale non è escluso. Raffinate dame di corte, ispirate poetesse, sottomesse donne di casa, laboriose contadine, piacevoli geishe: tanti sono i volti della donna giapponese.

Rendiamole onore concludendo con due waka, brevi poesie, composte da Ono no Komachi, considerata la prima grande poetessa della letteratura giapponese, vissuta nel IX sec, primo periodo Heian.
“Il colore dei fiori/ è già svanito/ ed io invecchio/ persa in pensieri vuoti/ mentre la pioggia cade senza fine.”
“Forse ero assorta in pensieri d’amore/ quando chiusi gli occhi?/ Lui comparve./ Se avessi saputo che era un sogno/ non mi sarei svegliata.”