
Che cosa è un libro? Un oggetto.
Un oggetto come milioni di tanti altri che ci circondano e fanno parte della nostra vita?
No! Un libro è un oggetto speciale: fogli di carta e segni che hanno l’ineffabile potere di impressionare la nostra mente e il nostro cuore, a volte in maniera tanto incisiva da cambiare persino la nostra vita. Quale altro oggetto ha questo potere?
Nessun gioiello, neppure il diamante più prezioso, può dare il piacere che dà un buon libro. Un piacere intimo che non ha bisogno di essere mostrato. Il gioiello dà piacere ai nostri occhi se lo guardiamo, alla nostra vanità se lo mostriamo ad altri, ma tutto finisce lì.
Il piacere che dà un buon libro è qualcosa di più, qualcosa che entra dentro di noi, ci fa crescere e dura nel tempo.
“Un diamante è per sempre” dice uno slogan pubblicitario, anche un libro è per sempre. L’eternità del diamante viene dalla sua consistenza materiale duratura, l’eternità del libro viene dal suo valore spirituale. Il libro può deteriorarsi nel tempo, è vero, ma ciò non intacca il suo valore, anzi, in un certo senso, lo aumenta perché i segni del tempo e della sua vita vissuta tra le nostre mani lo arricchiscono di ricordi e di significati.
Da tutto ciò nasce l’esigenza di saldare in qualche modo questo legame intellettuale ed affettivo che si crea con i nostri libri. Anche se ne sono state stampate migliaia di copie uguali, il nostro libro è solo nostro e noi sentiamo il desiderio di affermarlo.
Come? Apponendo il nostro marchio di proprietà: il nostro Ex libris.
EX LIBRIS
Ex libris è un’espressione latina che significa dai libri e seguita dal nome del proprietario indica che quel libro proviene dalla sua biblioteca. Si tratta di una semplice scritta, oppure di una etichetta, un contrassegno di carta o di altro materiale oppure anche un timbro apposto normalmente sul foglio di guardia del libro.
La storia degli ex libri è molto antica.
Già nel Medioevo c’è l’abitudine di scrivere sul frontespizio dei codici manoscritti il nome del proprietario, accompagnato a volte da frasi di ammonimento o addirittura vere e proprie maledizioni rivolte a chi avesse la malaugurata idea di appropriarsene indebitamente.
“ Hic liber est meus, quem mihi dedit Deus…” oppure “ Chi mi ruberà il libro morrà di mala morte”.
Troviamo scritte simili anche sugli incunaboli, i primi rari libri stampati.

Con l’avvento e la diffusione della stampa l’abitudine di segnare il libro si diffonde sempre più.

Inizialmente è lo stesso editore o stampatore che riporta, prima sul colophon, in seguito sul frontespizio, la sua marca tipografica o “di bottega”, la stessa che doveva depositare presso il registro del notaio della corporazione.
Una delle marche più note e prestigiose in tutta Europa è quella dell’editore veneziano Aldo Manuzio: creata nel 1502 rappresenta un’ancora con un delfino ed è derivata da una moneta romana del periodo imperiale.
È da notare che i libri, a quell’epoca, sono appannaggio solo di un’élite culturale e sociale, le biblioteche appartengono a re, principi, membri dell’aristocrazia o dell’alto clero, e alle grandi abbazie.
Un libro è una cosa rara e preziosa e chi lo possiede sente l’esigenza e il desiderio di rimarcarne il suo possesso e lo fa segnandolo con una “impresa da libro”.
“IMPRESA DA LIBRO”
Dal verbo imprendere (=intraprendere) l’impresa è quel contrassegno, con cui si marcano gli oggetti di proprietà, su cui compare una figura ed un motto che insieme identificano appunto il possessore e la sua casata. Si tratta di una rappresentazione simbolica dei principi a cui il possessore si ispira, dei suoi propositi di vita, di ciò che intende fare (imprendere = intraprendere). La figura è il corpo dell’impresa, il motto ne è l’anima.
Qualcosa di simile si trova già nel mondo greco-romano, ma l’usanza si diffonde in Europa a partire dal Medioevo con la nascita dell’araldica.
Tornando ai secoli XV e XVI -siamo agli albori della stampa- troviamo in Germania, patria della nuova invenzione che ha rivoluzionato il mondo della cultura scritta, le prime “imprese da libro”.
Solo più tardi, verso la fine del ‘700, entreranno in uso le espressioni ex foliis, ex bibliotheca e soprattutto ex libris, dicitura che rimarrà definitivamente fino ai giorni nostri.
Si tratta di foglietti stampati con la tecnica xilografica su cui, come abbiamo visto, sono raffigurati lo stemma nobiliare e il motto della casata del possessore.
La xilografia è una tecnica artigianale con cui si incide, con un bulino o attrezzo simile, un pezzo di legno, la matrice, in modo che il disegno risulti in rilievo. Con questa tecnica si possono stampare molte copie e perciò è adatta per soddisfare la crescente richiesta da parte delle biblioteche che possiedono un grande numero di libri.
È importante notare che non solo gli artigiani si dedicano a questo tipo di illustrazione, ma anche grandi artisti, come per esempio Albrecht Durer.




Sul finire del XV sec. prende piede un’altra tecnica, quella della calcografia, che viene ripresa dall’arte orafa per cesellare i metalli. In questo caso l’incisione è fatta su una lastra di metallo, per lo più rame, usando sostanze chimiche che intaccano la superficie in modo che il disegno risulti “in cavo”. Il risultato è migliore perché il segno è più sottile, quindi più preciso e si possono riprodurre chiaroscuri e sfumature. In questo caso però si possono stampare un minor numero di copie perché la matrice in metallo si usura più facilmente di quella in legno.
A volte il disegno consiste semplicemente in una cornice decorata entro la quale c’è lo spazio per apporre di mano propria la firma e il motto.
Come abbiamo visto, i primi ex libris sono stampati in Germania, presentano decorazione piuttosto austere e quasi sempre compaiono gli stemmi araldici. In seguito cominciano a diffondersi anche nel resto d’ Europa e le decorazioni diventano più ricche ed elaborate.
Questo processo si intensifica nel ‘700, il secolo dei lumi, quando si assiste ad un notevole aumento della diffusione dei libri, e di conseguenza degli ex libris, in tutta Europa. Da tempo i libri sono usciti dalle abbazie e dai castelli, ormai hanno riempito le biblioteche pubbliche e cominciano ad entrare nelle case della ricca borghesia. I lettori non sono più solo i nobili e i religiosi, ma anche i letterati, i medici, gli scienziati, gli avvocati e persino i mercanti. L’ex libris non è più visto come un simbolo di status sociale di una casata, ma rappresenta il proprietario del libro e quindi assume forme diverse secondo la personalità del possessore.


I soggetti sono i più vari, non più solo stemmi, ma oggetti di tutti i tipi, spesso di uso comune: i più diffusi sono quelli che rappresentano libri, ma vanno molto anche gli animali,


In questo periodo predomina l’incisione calcografica perché, come si è detto, ottiene un segno più preciso e quindi permette disegni ricchi di particolari.

In contrapposizione a questi si diffondono anche, verso la fine del ‘700 semplici etichette, su cui scrivere solo nome e cognome, al massimo contornati da una sobria greca. Sono stampati in grande quantità e si vendono nelle cartolerie.
Nel romantico 800 i soggetti spesso si ispirano o ricopiano dipinti e disegni famosi.

ART NOUVEAU

Ma sul finire del secolo prende piede un nuovo movimento artistico, quello dell’Art Nouveau. Nato in Francia si diffonde poi in tutta Europa e in America assumendo forme e nomi particolari: stile floreale, liberty. Tutte sfumature riconducibili allo stesso movimento che si caratterizza per l’eleganza decorativa delle sue forme armoniose, le linee dolci e sinuose che si ispirano alla natura e spesso richiamano disegni e stampe giapponesi.
Anche gli ex libris ne sono influenzati, rinasce l’interesse per la xilografia d’arte. La grande diffusione di questi veri e propri piccoli capolavori porta al collezionismo: nascono associazioni e raccolte, i collezionisti si scambiano i pezzi, si scrivono pubblicazioni e saggi un po’ in tutta Europa. In Inghilterra nel 1880 viene pubblicata una “Guide to the studio of Book-plates”. Anche in America si organizzano mostre e rassegne annuali.
Questo è il periodo d’oro degli ex libris che durerà nella prima metà del ‘900, più o meno fino al secondo conflitto mondiale.
EX-LIBRIS E COLLEZIONISMO
Con il collezionismo l’ex libris non è più prodotto con l’unica funzione di personalizzare il libro, ma anche proprio per essere raccolto e scambiato, divenendo così un’espressione d’arte a sé stante.
E il mondo dell’arte non guarda più con sussiego questi piccoli, deliziosi foglietti tanto che anche i grandi artisti non disdegnano di inserirli tra le loro creazioni.
In Italia è lo scrittore e poeta Gabriele D’Annunzio, grande esteta, che contribuisce a diffonderne l’uso e molti artisti, come per esempio il pittore e incisore Adolfo De Carolis, rispondono.

Dopo un periodo di indifferenza, verso la fine del ‘900 gli ex libris ritornano in auge, sia per personalizzare i propri libri che per farne oggetto di collezione: una forma d’arte che coniuga l’amore per i libri con la ricerca grafica estetica.
