C’è un libro, sul nostro scaffale, che può raccontare una storia lunga quasi duemila anni, aprendo diverse ed interessanti porte.

Si tratta dei “Commentarii” di Pier Andrea Mattioli sull’opera di Dioscoride, stampata a Venezia nel 1554.
Ma andiamo per gradi e facciamo un salto indietro per raccontare dall’inizio la nostra lunga storia. Tutto comincia in Cilicia intorno alla metà del I° secolo d.C.
Dioscoride: il primo botanico della Storia
In un anno non meglio identificato, in quell’antica regione dell’attuale Turchia, nasce Dioscoride Pedanio, greco di origine.
Della sua vita si conosce ben poco. Sappiamo che fin da giovane è attirato dalla professione medica e dalla botanica e che probabilmente studia a Tarso e ad Alessandria. Viaggia molto: si ritiene che sia stato medico militare durante le campagne di conquista romane all’epoca di Nerone ed abbia ricevuto la cittadinanza romana, vivendo poi nella Città Eterna.
Di certo sappiamo che può essere considerato il primo, grande botanico, uno dei padri dell’erboristeria e della medicina, secondo solo ad Ippocrate. A quell’epoca, gli studi di medicina e di botanica spesso coincidono perché la natura, ed in particolare le piante, forniscono l’unica cura possibile e quindi, nella pratica medica, la conoscenza delle piante, delle loro proprietà e del loro uso è indispensabile.
Dioscoride negli anni 77-80 d. C. scrive un trattato sulle erbe medicinali, il “De materia medica” (titolo tradotto dal greco), un’opera di grandi dimensioni, preciso ed approfondito, che per molti secoli avrà una enorme influenza sul pensiero scientifico orientale ed occidentale.

Nell’opera sono descritte più di ottocento sostanze soprattutto vegetali, ma anche animali e minerali, che possono essere utilizzate in campo medico. Seicento circa sono le piante di cui è raccontato nei dettagli l’aspetto, l’habitat, il procedimento di raccolta, di conservazione e di preparazione e poi tutte le necessarie indicazioni terapeutiche. In questo poderoso trattato, che pare fosse composto di cinque volumi, Dioscoride ha raccolto tutte le informazioni acquisite direttamente durante i suoi numerosi viaggi: è lui stesso che ricerca, raccoglie, studia e sperimenta personalmente le varie materie per trarne sostanze curative. A ciò si aggiunge quanto ha appreso studiando le opere dei suoi predecessori. Tanto studio e tanta cura fanno sì che la sua opera sia subito considerata unica nel suo genere e riscuota un grande successo in tutto il mondo antico.
Galeno, il famoso medico greco vissuto nel II°sec. d.C., la cui dottrina ha dettato legge nel mondo occidentale fino al Rinascimento, considera il “De materia medica” il più completo ed attendibile trattato di farmacologia che sia mai stato scritto e dev’essere proprio così se si pensa che è destinato a rimanere in uso fino al XVIII secolo, cioè fino alla comparsa della moderna farmacologia chimica.
Per più di 1500 anni, quindi, generazioni di scienziati, medici ed erboristi del mondo occidentale ed orientale l’hanno studiato, considerandolo un testo fondamentale.
Durante tutto questo tempo il trattato viene trascritto innumerevoli volte e tradotto in molte lingue tra cui l’arabo, l’indiano, il persiano, il siriano, l’ebraico e, soprattutto, il latino.
De Materia Medica: trascrizioni e traduzioni
Il “De materia medica” è senz’altro una delle opere antiche di erboristeria e di medicina più diffuse e più copiate. Con il trascorrere del tempo e l’intensificarsi di queste trascrizioni, però, l’opera inevitabilmente subisce molti rimaneggiamenti, dovuti anche al fatto che, a differenza degli altri erbari in circolazione, Dioscoride non espone in ordine alfabetico le varie sostanze di cui tratta, ma sceglie di seguire un ordine logico in base alle loro proprietà mediche e all’uso che se ne fa. Questo però rende la consultazione più difficile. Per questo motivo, per praticità, l’opera viene spesso trascritta adottando l’ordine alfabetico.
A ciò si aggiunge il fatto che non sempre viene ricopiato l’intero testo, ma solo alcuni passi, e che, altre volte, invece, gli anonimi copisti si prendono la libertà di fare delle aggiunte.

Sicuramente sono state aggiunte in un’epoca successiva, cioè durante il Medioevo, le illustrazioni delle piante, partendo dalle descrizioni fatte da Dioscoride, ma spesso anche lavorando di fantasia. Si tratta di incisioni di grande valore artistico, ma non sempre corrispondenti alla realtà.
Manoscritti di queste trascrizioni, in greco originale o nelle varie lingue in cui sono stati tradotti, sono conservati tuttora in molte Biblioteche di tutto il mondo, da Napoli a Parigi, New York e persino sul Monte Athos.
A Vienna troviamo uno dei manoscritti più antichi. Risalente al 515 d. C., fu donato dalla città di Costantinopoli ad una principessa bizantina: trascritto in greco originale, è considerato il testo di riferimento più attendibile ed è quello più spesso usato per tutte le successive trascrizioni e traduzioni.
Nel Medioevo, tramontato il greco come lingua più usata nel bacino del Mediterraneo, è la traduzione in latino quella più diffusa perché il latino è la lingua conosciuta in tutta Europa dalle persone di cultura.
Il primo testo in latino risale III° secolo d.C. A questo molti altri seguiranno, come abbiamo visto, per tutto il Medioevo, per più di mille anni, dunque, durante i quali, insieme agli amanuensi, lavora un esercito di disegnatori ed incisori che trasformano i manoscritti in vere e proprie opere d’arte per la bellezza delle illustrazioni. Poco importa se spesso queste illustrazioni sono poco attinenti al testo o addirittura fantasiose!
Nel 1400-1500, in pieno Rinascimento, assistiamo ad un grande impulso dello studio delle piante per la pratica medica e l’opera di Dioscoride, del resto mai dimenticata, è ancora considerata una delle più valide.
Nel 1478 a Colle Val d’Elsa l’opera, in latino, viene data alle stampe per la prima volta.
Nel 1499 Aldo Manuzio stampa una pregevole edizione ancora in lingua greca. Il grande stampatore veneziano (vedi post del 8 agosto 2020 “L’umanista che si fece editore”) era famoso per la ricerca accurata dei testi antichi autentici o il più possibile vicini agli originali.
Questa, del resto, è la tendenza di tutta la cultura rinascimentale che avverte la necessità di tornare alle origini delle opere, “ripulendole”, per quanto possibile, da tutti i rimaneggiamenti subiti nel corso dei secoli.
Così avviene anche per il trattato di Dioscoride: si abbandonano le traduzioni in latino fatte nel corso di tanti secoli e si riprendono le prime opere in greco che vengono ritradotte in latino. La prima nuova edizione stampata in latino si ha nel 1481 ad opera di Ermolao Barbaro il giovane, umanista, profondo conoscitore della cultura e della lingua greca.
Pier Andrea Mattioli, il botanico dell’Imperatore
La trascrizione, tradotta in latino direttamente dal greco, più importante e più conosciuta è quella di Pier Andrea Mattioli, umanista, medico e botanico vissuto nel 1500, senz’altro il botanico più famoso del Rinascimento europeo.

Il Mattioli nasce a Siena, figlio di un medico eredita dal padre la passione per la medicina. Dopo gli studi universitari, si dedica alla professione medica e viaggia molto in tutta Italia.
Nel 1533 comincia a lavorare sui testi di Dioscoride, traducendo l’opera dal greco in italiano volgare e in latino.
Nel 1544 pubblica la prima trascrizione, in volgare, dell’opera a cui dà un titolo lunghissimo che poi, per comodità, è da tutti chiamata semplicemente “Discorsi su Dioscoride”.
A questa stampa ne seguiranno, nel tempo, altre 12, alcune però non approvate dall’autore. Infatti, il grande successo suscitato dall’opera spinge alcuni tipografi di pochi scrupoli a stamparla all’insaputa dell’autore.
L’edizione più famosa è quella conosciuta con il titolo “Commentarii” stampata a Venezia nel 1554; è la prima in latino, dedicata all’Imperatore Ferdinando I d’Asburgo, del cui figlio secondogenito il Mattioli diviene medico personale e per questo si trasferisce alla corte di Praga.
L’opera, corredata da 576 artistiche illustrazioni, non è solo una fedele traduzione, ma è arricchita da commenti personali del Mattioli ed inoltre da numerose descrizioni di nuove specie di piante.
Si tratta di piante che Dioscoride non poteva conoscere perché il loro habitat si trova nei paesi dell’Europa continentale o del nord o addirittura nelle nuove terre, appena scoperte, dell’America.
Il risultato è un trattato che ha dato grande fama al suo autore: considerato il testo botanico-farmaceutico più importante dell’epoca, è stato tradotto anche in francese, tedesco e ceco.
La sua importanza si protrae fino al 1700, secolo durante il quale ancora l’opera viene studiata e commentata.
A partire dalla seconda metà del secolo, e più compiutamente a partire dal 1800. in seguito al diffondersi della sperimentazione scientifica e ai progressi fatti nel campo della chimica, l’opera perde il suo valore per quanto riguarda la pratica medica, ma conserva intatto il suo fascino estetico e culturale e il suo grande valore storico.