La Divina Commedia e i suoi illustratori

Sandro Botticelli – Rappresentazione dell’Inferno dantesco

Nell’anno dedicato a Dante Alighieri, non si può non parlare del suo capolavoro.

Tempo fa abbiamo raccontato del manoscritto della Divina Commedia andato perso (“Alla ricerca del manoscritto perduto” – 31 marzo 2019).

Che si può dire ancora di questo poema, il più conosciuto al mondo, che non sia già stato scritto?

Cerchiamo ispirazione sfogliando alcune antiche edizioni dell’opera che compaiono sul nostro scaffale.

La cosa che ci colpisce subito, prima di leggere il testo, sono le illustrazioni. Si può ben dire che “La Divina Commedia”, sia stata una delle opere della letteratura mondiale che più ha ispirato pittori e disegnatori. E se ne comprende facilmente la ragione. Sin dalle prime edizioni la fantasia degli artisti si è cimentata nel rappresentare le immagini che quei versi suggeriscono con tanta potenza. Di alcuni di questi artisti non conosciamo o non ricordiamo il nome, ma la loro opera parlerà in eterno nelle pagine ingiallite dal tempo. L’invenzione della stampa, dal canto suo, ha favorito la riproduzione delle xilografie.

99 sono quelle, pregevoli, che decorano l’edizione stampata a Venezia nel 1536, con il commento di Christoforo Landini, umanista, filosofo e poeta, vissuto nel XV secolo, uno dei primi e più importanti commentatori dell’opera di Dante.

Stupende sono anche le illustrazioni di un’altra edizione, stampata nel 1578 sempre a Venezia e sempre con il dotto commento del Landini. Questa edizione è chiamata del “Gran Naso” perché nel frontespizio compare un ritratto del Sommo Poeta, con il suo caratteristico naso aquilino, ritratto ripreso da qualche pittura che a sua volta si è ispirata al celebre quadro del Vasari.

Gustave Doré

Ma la “Divina Commedia” illustrata più famosa e più riprodotta è senz’altro quella realizzata nel XIX secolo da Gustave Doré; i suoi disegni sono ormai entrati nell’immaginario collettivo. Chi non ricollega la “selva oscura”, in cui si perde Dante, alla più conosciuta delle illustrazioni scaturite dalla fantasia del disegnatore? Un’immagine palpitante, tenebrosa ed inquietante, che ben rappresenta il senso di smarrimento descritto dal Sommo Poeta.

Gustave Doré, nato a Strasburgo nel 1832, è un artista eclettico e prolifico: disegnatore, caricaturista, incisore, pittore e scultore. Fin da bambino dimostra una straordinaria inclinazione per il disegno; a quindici anni pubblica la sua prima opera “Le fatiche di Ercole”, nella quale già si può vedere tutto il suo valore. Da quel momento non si ferma più. Le sue numerose caricature litografiche, apparse su un giornale satirico dell’epoca, lo rendono famoso e un contratto con un editore inglese, per una serie di xilografie che rappresentano Londra, lo rende ricco. Nel suo laboratorio lavorano fino a 40 intagliatori che preparano le tavole di legno per le xilografie.

La seconda metà del XIX è un periodo d’oro per l’arte dell’illustrazione: il progresso tecnico ha migliorato notevolmente la qualità delle incisioni. Le commissioni arrivano abbondanti, da parte dei giornali, per decorare e commentare articoli e racconti e, da parte degli editori, per illustrare il contenuto delle opere letterarie pubblicate.

Tra tutte queste opere, una spicca in particolare: “La Divina Commedia”, opera di grande respiro, pubblicata tra il 1861 e il 1868, che è considerata il capolavoro dell’artista, quella che più lo identifica. Si tratta di 135 xilografie, che rappresentano le tre cantiche in cui è diviso il poema, più una con il ritratto di Dante. Le illustrazioni dell’Inferno sono quelle che più testimoniano la grande arte del Doré e che più sono rimaste impresse e ricordate. Sono immagini cariche di una straordinaria drammaticità, con giochi di luci ed ombre che mostrano un sapiente uso del chiaro scuro. Le tenebre predominano in un paesaggio desolato, spesso invaso da una fitta e intricata vegetazione con alberi che paiono mostri pronti a ghermire. Improvvisi bagliori mettono in evidenza il soggetto, il centro dell’immagine. I personaggi mostrano forme che sono state definite michelangiolesche per la loro plasticità.                                                 

Il valore artistico di questa opera è indiscusso ed è tale che da allora “La Divina Commedia” illustrata dal Doré è diventata un classico ed ha continuato ad essere ristampata, sempre con successo, in tutto il mondo.  Ma Gustave Doré non è l’unico grande artista che si è cimentato con l’opera di Dante, anche se l’accostamento Dante-Doré è quello che subito viene in mente.

Sandro Botticelli

La “Divina Commedia”, poema che ha riscosso un immediato successo in Italia e non solo (numerosissime sono le trascrizioni a mano a partire dal 1300), è stata una delle prime opere stampate dopo l’invenzione di Gutenberg. E molte sono le edizioni che si sono succedute a partire dalla prima stampata in Italia, a Foligno, nel 1472. La prima edizione illustrata è del 1481: stampata a Firenze da Niccolò della Magna con pregevoli incisioni in rame.

Ma ce n’è una che ha un’importanza particolare e una storia che merita di essere ricordata.

Sul finire del 1400, Lorenzo di Pierfrancesco de’ Medici, un cugino del grande Lorenzo il Magnifico, ordina un manoscritto de “La Divina Commedia”. La cosa non deve stupire pur sapendo che nel 1455 è stata inventata la stampa a caratteri mobili e, come abbiamo visto, alcune edizioni del poema sono già state stampate. Infatti, i grandi signori ancora apprezzano le opere manoscritte su pergamena e finemente decorate da miniature. Calligrafi e miniaturisti sono ancora al lavoro. Lorenzo vuole che il manoscritto de “La Divina Commedia” sia illustrato e chiama Sandro Botticelli, raffinato pittore e disegnatore, fiorentino, che vive all’ombra della grande famiglia de’ Medici. Il Botticelli lavora a questa opera imponente dal 1480 al 1495. Disegna 100 pergamene che, in origine, accompagnano il manoscritto del testo poetico.  Ma tutta l’opera rimane incompleta; tra le altre cose mancano le lettere iniziali di ogni canto perché era previsto che fossero miniate.

Particolare della “Voragine infernale”

In seguito, l’intero manoscritto è smembrato e viene disperso: dei 100 disegni realizzati dal Botticelli ne rimangono 92 e, di questi, 85 sono conservati in un museo di Berlino e 7 si trovano nella Biblioteca Apostolica del Vaticano. I disegni sono in bianco e nero, realizzati a punta d’argento; alcuni sono ripassati a penna, altri, pochissimi, hanno qualche figura colorata a tempera. La maggior parte sono quindi incompleti, uno solo è completo, il primo, quello che apre la serie, il disegno della “Voragine infernale”.

Quest’opera di Botticelli è meno conosciuta rispetto a quelle che solitamente compaiono sui testi di storia dell’arte e che hanno reso famoso l’artista in tutto il mondo, ma non per questo è meno importante. Tra l’altro, è proprio ad essa che dobbiamo la concezione dell’Inferno che si è tramandata sino a noi. Il pittore ha rappresentato visivamente ciò che Dante aveva pensato e la sua “Voragine infernale” è entrata nell’immaginario collettivo. Botticelli descrive il viaggio di Dante, ma quello che racconta è più un viaggio interiore, è la metamorfosi che si compie nell’animo del poeta. L’accento è tutto su Dante più che sui suoi incontri e i vari episodi specifici. L’inferno è rappresentato con un caotico assembramento di personaggi, con dettagli spesso raccapriccianti, corpi che invadono quasi tutto lo spazio. I dettagli ambientali sono pressoché inesistenti.

Man mano che si procede, nel Purgatorio e poi nel Paradiso, si può notare che le figure si diradano e gli spazi si amplificano, rendendo le immagini più eteree. Nel Paradiso l’attenzione è tutta su Dante e Beatrice spesso raffigurati soli, circonfusi in un cerchio di luce. In Beatrice ritroviamo la leggiadria e l’eleganza tipica delle figure botticelliane.

La “Divina Commedia” e la “Primavera”: che cosa unisce il poema di Dante e la più famosa tela di Bottticelli?

 Botticelli è un grande ammiratore di Dante, suo concittadino, ed ama “La Divina Commedia”. Questo ha indotto alcuni critici d’arte a dare una particolare interpretazione alla “Primavera”, la sua opera più conosciuta e più indecifrabile. Sono diversi i significati che sono stati attribuiti a questo capolavoro del grande pittore, mitologici, filosofici, celebrativi; ma noi ora non ci addentriamo in questa questione, peraltro, tuttora irrisolta. Ci interessa invece sottolineare una particolare interpretazione, legata all’argomento che abbiamo trattato in questo post, anche se è la meno conosciuta e, forse, la più improbabile. Qualche studioso, infatti, conoscendo la passione del pittore per il poema di Dante e l’impegno profuso per rappresentarlo nelle sue 100 pergamene, ha voluto vedere nella “Primavera” un’allegoria dell’Eden del Purgatorio dantesco.

In quest’ottica, osservando il quadro, possiamo notare, a partire da destra:

  • Lucifero che insidia Eva;
  • Matelda,la figura femminile che accompagna Dante per alcuni canti. Rappresenta la felice condizione umana prima del peccato originale;
  • la figura centrale è Beatrice, sopra di lei Amore;
  • le figure femminili che danzano sono le tre Virtù Teologali: Fede, Speranza e Carità;
  • la figura a sinistra è lo stesso Dante, nell’atto di indicare il Paradiso verso cui è diretto.

Dante, Botticelli, Dorè. Parole e disegni, stili diversi, tre grandi artisti legati per sempre dalle loro opere immortali.

A sx “dettaglio da l'”Adorazione dei Re Magi” con presunto autoritratto di Botticelli – A dx Gustave Dorè

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